Va tutto bene. E qualcuno dirà se sono matto. Se sono matti, prego.
Perchè da Cristo al Dalai Lama, da Thich Nath Nan a Osho, da Marco Aurelio a Eraclito, passando per Lao- Tzu, tutti hanno detto la stessa cosa. Ed è gente che ha visto epidemie in tempi in cui non esistevano i respiratori e le protezioni e i supermarket riforniti. Eppure tutti ripetono che ciò che accade non è casuale, non è una maledizione, non è una congiura. E' ciò che ci serve per crescere, per imparare, per rivedere le priorità, per lasciare andare il superfluo, le credenze, le abitudini, le regole mai messe in discussione e concentrarsi sull'Essenziale. Nel dramma di tante famiglie che sono la nostra famiglia, perchè tutti siamo toccati, direttamente o indirettamente, da ciò che sta succedendo. Nella massima compassione per chi sta pagando sulla propria pelle. Nella massima solidarietà per chi si sta prodigando ogni oltre dovere. In tutto ciò non possiamo non vedere (se vogliamo vedere, naturalmente) il Paradosso: - "l'economia collassa, ma l'inquinamento scende in maniera considerevole. L'aria migliora; si usa la mascherina, ma si respira... - in un attimo, possiamo diventare noi i discriminati, i segregati, quelli bloccati in casa o alla frontiera, quelli che portano le malattie. Anche se non ne abbiamo colpa. Anche se siamo bianchi, occidentali e viaggiamo in business class. -da un momento all'altro, arriva lo stop. Fermi, a casa, giorni e giorni. Improvvisamente non siamo più "ciò che facciamo". Cosa siamo allora? Il tempo vale solo se lo impieghiamo a "fare"? E allora gli invalidi, i malati non valgono nulla? - il virus chiude le scuole e costringe a trovare soluzioni alternative, a rimettere insieme mamme e papà con i propri bimbi. Ci costringe a rifare famiglia. - il virus ci toglie quella vera di vicinanza, quella reale, non quella di facebook o whatsup: che nessuno si tocchi, niente baci, niente abbracci; a distanza, nel freddo del non-contatto noi dobbiamo fare i conti con la solitudine - L'epidemia ci insegna che da soli non ce la facciamo. L'unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunita', il sentire di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura e che si può prendere cura di noi. La responsabilità condivisa, il sentire che dalle tue azioni dipendono le sorti non solo tue, ma di tutti quelli che ti circondano. E che tu dipendi da loro." Oh sì, possiamo imprecare, arrabbiarci, frustrarci, dare la colpa di tutto a quelli che fanno jogging o non si sono approvvigionati per tempo in mascherine. Oppure domandarci " cosa sto imparando?" e fare la nostra parte, nel contesto sociale, ognuno il proprio pezzetto; perchè una volta che tutto questo sarà finito, niente, io spero, torni esattamente come era prima.
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Riporto i dati sulle 2006 persone decedute al 17 marzo (Istituto Superiore della Sanità):
L'età media di chi muore è 79,5 anni. Quindici anni superiore a chi si ammala. Quindi ci si ammala in media età e si muore se anziani (su 2006 persone, solo 17 aveva meno di 50 anni), con patologie (solo 3 pazienti cioè l'0,8% di chi è mancato, non aveva malattie concomitanti; le cinque persone decedute con meno di 40 anni avevano tutte gravi patologie pre-esistenti) e, stranamente, maschi (le donne sono solo il 30% dei decessi). Si, sono morte 3500 persone, "col" coronavirus. "Da" coronavirus non si può ancor dire, andranno analizzati i casi proprio perchè se sei anziano e malato, il virus è solo un'ultima goccia in un vaso ormai strapieno. Si, 3500 persone sono tante. E tante ancora ne verranno e questo ci addolora tutti e soprattutto strazia chi ha perduto un parente. Così come strazia chi lo perderà per gli 8000 decessi da influenza annuali, però. Su cui non spendiamo che qualche riga di giornale. E poi qualche parola su quelli che vivono. Seguire le regole della quarantena è un comportamento civile, l'ostilità no. Amici lombardi che vengono additati (prima erano i cinesi, prima ancora...c'è sempre chi additare), persone che camminano che vengono insultate perchè camminano (non conoscendone motivazioni). C'è chi invoca il modello "cinese", che ha debellato l'epidemia strappando bambini alle mamme e portando via i positivi a forza dalle loro case in "campi di isolamento", dopo averli tracciati (spiati) con mezzi tecnologici. Il concetto di "causa di forza maggiore" va maneggiato con cura, non c'è regime totalitario che non l'abbia evocato. La mascherina deve proteggere gli altri da noi e non viceversa, scrive la giornalista e collega Roberta Villa. E ci sta parlando del senso di appartenenza, di comunità. Perchè morire non è necessariamente la peggior cosa che ci possa capitare. Non lo dico io, lo scriveva Etty Hillesum nel suo diario. Una ragazza olandese , morta poi ad Auschwitz nel 1943. Scriveva questo nei tempi in cui viveva sulla sua pelle il dramma di essere ebrea in un paese che credeva libero e che poi libero non si dimostrò. Erano tempi in cui si cercava il nemico, in cui il vicino ti guardava con ostilità perchè potevi essere causa di morte, per lui, in cui si cercava un colpevole. Tempi di rabbia e paura. Tempi così diversi dal marzo 2020 in Italia? “O uno o l altro: o si pensa a sé stessi, alla propria sopravvivenza, senza riguardi, o si prendono le distanze dai propri desideri - anche quelli basilari di auto conservazione — e ci si arrende". Verrà il giorno in cui l'epidemia finirà. Verrà , tranquilli. Il virus non ci sterminerà. I numeri ci confortano. Però ha già messo in crisi i nostri modelli di comportamento. Non si potrà tornare al beato "come era prima". E quel giorno, guardandoci dentro, dovremmo chiederci se "abbiamo vissuto" da esseri umani questo periodo o se "siamo sopravvissuti" a questo periodo, pagandone il prezzo in dis-umanità. Certo, in numero dei contagi e quello dei morti sale ogni giorno. E lo farà per un pò, come succede per ogni epidemia.
I media fanno a gara a chi la spara più macabra, a dare per primi la notizia dell'ultimo decesso. Niente di strano: i media vendono e questa è comunque un'occasione per vendere. Questa è la loro parte. Poi c'è la parte degli operatori sanitari che stanno reggendo una mole di lavoro straordinaria, qualcuno cominciando a pagare con la vita, per pura forza di volontà, . Visti i mezzi ridicoli che l'amministrazione e la politica hanno lasciato loro a disposizione nei decenni, taglio dopo taglio. Poi c'è la nostra parte. Che è quella di non lasciare che la paura appanni completamente i fatti. Sta a noi seguire le regole per contenere il contagio. Sta a noi prendere una distanza giusta da notiziari e talk show, viste le considerazioni di cui sopra. Essere informati è nostro diritto, essere terrorizzati è l'effetto del bombardamento mediatico ad effetti pirotecnici. I fatti: l'enorme sforzo che il Paese nell'insieme sta facendo sta permettendo al sistema sanitario di non collassare. E' questo il vero rischio. Troppe persone contemporaneamente ammalate. La quarantena fa sì che il numero dei contagiati salga, ma non in maniera esponenziale. L'altro rischio, quello di morire, è molto amplificato, dai media, per calcolo; e dalla nostra mente, per paura. I fatti. Ad oggi sono morte 1800 persone. Il numero dei contagiati è, a parere dei più, molto piu' alto dei 20 mila riportati. E' normale che sia così (è irreale pensare di individuarli tutti) ed è bene che sia così, perchè la percentuale di mortalità è molto più bassa di quella conteggiata col pallottoliere. I fatti: L'età media delle persone morte è 79 anni. Ed è normale che sia così; nell'ordine delle cose che muoiano i vecchi invece che i giovani, anche se a noi vecchi può non indurre a salti di gioia. I fatti: si moriva anche prima del coronavirus. Ogni anno la morte riguarda 600000 italiani. 440000 per malattia. Ma nessun titolone sui quotidiani. Dire la verità su un argomento come la morte, cioè che dobbiamo morire, irrita e farebbe calare il numero delle copie vendute. Dire che potremmo morire, spaventa ed aumenta le tirature. 1800 morti ad oggi. Ma ogni anno ne muiono 4000 di noi per suicidio. 3000 per incidenti automobilistici, 1500 sul lavoro. Ed è probabile che in questi mesi tutte queste tipologie di morte si riducano. L'Italia è ferma e i momenti crisi riducono il desiderio di autocancellarsi. Ma anche non considerando questo, ad oggi, il coronavirus è la causa dello 0,3% dei decessi annuali di noi italiani. Ed è un fatto. Nessuno vorrebbe essere compreso nel numero, certo. Ma rimane il fatto. Il fatto che siamo fragili, vulnerabili e mortali. E che, per dirla con le parole del Dalai Lama, viviamo seguendo criteri di comportamento nella vita quotidiana (accumulo, consumo, frettolosità, anche nel piacere) che avrebbero una logica, per quanto discutibile, solo se fossimo immortali. Riporto l'analisi dell'Istituto Superiore di Sanità del 5 marzo:
"L’età media dei pazienti deceduti e positivi a COVID-2019 è 81 anni, sono in maggioranza uomini e in più di due terzi dei casi hanno tre o più patologie preesistenti. Lo afferma una analisi sui dati di 105 pazienti italiani deceduti al 4 marzo, condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, che sottolinea come ci siano 20 anni di differenza tra l’età media dei deceduti e quella dei pazienti positivi al virus." Cioè la media di chi si ammala è intorno a 61 anni. La media di chi muore è 81 (la maggioranza tra gli 80 e gli 89 anni). Muore chi ha già altre malattie (in media tre). I giovani, e soprattutto i ragazzi, non contraggono la malattia e la contraggono in forma lievissima. Al 5 marzo, in Italia: - si sono ammalate 3296 persone. Per l'influenza se ne ammalano circa 6 milioni ogni anno. - sono morte 148 persone. Il numero dato va inquadrato tendendo conto che, a causa dell'influenza, ogni anno in Italia ne muoiono almeno 8000. Il confronto tra il coronavirus e quello influenzale non è epidemiologicamente corretto, ma dà un idea circa ciò di cui stiamo parlando. Stiamo parlando di una malattia sicuramente più virulenta dell'influenza. Più contagiosa, anche se la velocità con cui si diffonde fa pensare a molti casi "lievi" che non è possibile diagnosticare. E proprio per questo non facile decifrare l'esatto tasso di mortalità. Per i cinesi è stato del 2,3 %. Ma non stiamo parlano di qualcosa di apocalittico. Il tasso di mortalità dell'epidemia di SARS era quasi del 10%. La Mers, l'epidemia del coronavirus “mediorientale”, registra un tasso di letalità del 34,4%. Per rispetto ai più fragili è bene che ognuno faccia del proprio meglio per limitare la diffusione del virus. Ma questo è auspicabile sempre, in periodo influenzale. Mai come ora un regime di vita sano, per movimento, alimentazione, astensione dal fumo, sono raccomandabili. La buona notizia è che il coronavirus non ci sterminerà. La brutta notizia è che non siamo al sicuro. Ma la vera notizia è che non lo siamo mai stati. Si muore assai facilmente sul lavoro o sull'autostrada. Da gennaio a luglio del 2019, in Italia, 599 persone sono morte mentre si trovavano sul posto di lavoro. Tre vittime al giorno. Nei primi sei mesi del 2019, sono morte 1505 persone per incidenti automobilistici. L'epidemia è anche un'occasione. Quella di svegliarsi dal sonno di chi si crede al sicuro. La Vita non ci dà sicurezze. Ci offre occasioni per crescere, amare, cercare la nostra verità. Per il tempo che lei decide. E i patti sono chiari, dall'inizio. Anche se noi facciamo finta che non sia così. La lunghezza del tempo che ci è dato lo decide la vita, cosa ne facciamo lo decidiamo noi. E questo è un buon momento per deciderlo. Mangiare sano anche solo per un anno migliora la qualità di vita anche negli anziani.
Uno studio pubblicato sulla rivista di gastroenterologia Gut (T. Ghosh, 17 febbraio 2020) condotto su 612 persone europee dai 65 ai 79 anni dimostra che una dieta mediterranea che consista nel mangiare vegetali, cereali integrali, frutta, legumi e pesce, rinunciando ad alcool, carne rossa e cibi/bevande zuccherati, cambia radicalmente la qualità della flora batterica intestinale. Da ciò deriva nuova "energia", dimostrata come forza nelle mani, capacità di camminare e di concentarsi. Inoltre anche i segni di infiammazione nel corpo, individuati con esami del sangue (PCR, Interleukina 17) si riducono. Un corpomente più sano, insomma. La ricetta di oggi (cioè il mio pranzo) è una saporita schiacciata di farina di ceci. Si prepara in dieci minuti, aggiungendo acqua, un pò di sale (non obbligatorio) e pepe nero. Poi in forno a 180 gradi per 15 minuti. Si copre con origano ed un pò d'olio (oliva o lino, per i vegetariani cui un pò di omega 3 è necessario). Accompagnato con sedani, prezzemolo e finocchio. Pane di segale integrale, come cereale, per offrire carboidrati in chi ne ha bisogno. Essere Bene è semplice, in realtà. |
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