Fatti un regalone, rinuncia allo zucchero-spazzatura.
In un articolo scientifico molto elegante pubblicato sulla rivista Nature Medicine sono state messe a confronto una dieta tipo vegana ricca di carboidrati "buoni" (non zuccheri raffinati) e povera di grassi con una chetogenica, ricca di grassi /proteine di qualità e povera di carboidrati. Ciascuno poteva mangiare a sazietà. Lo studio ha solo venti partecipanti, ma è di altissima qualità perchè i partecipanti erano "sequestrati" per un mese e quindi non potevano sgarrare. Inoltre il confronto tra le due diete era verosimile perchè i partecipanti facevano una dieta e poi l'altra in sequenza, diventando " i controlli di se stessi" da un punto di vista scientifico. Non ci sono stati vincitori e vinti. Chi praticava una dieta ad alto contenuto di carboidrati introduceva meno calorie (si capisce, il bacon è più calorico ed appetitoso del mais), ma perdeva meno peso in assoluto; il peso perso riguardava il grasso e non il muscolo (quindi un guadagno per salute). Aveva livelli di glicemia più alti che ahimè non sono un buon indice di salute per il nostro cuore. Chi seguiva la dieta chetogenica perdeva più peso, ma soprattutto di massa magra (quindi un danno e non un guadagno per la salute). Aveva livelli glicemici più bassi. Il punto è però un altro. Il vero nemico da sconfiggere sono i cibi ultraraffinati, gli zuccheri-spazzatura di snacks e merendine e fanta e coca-cola. Se si eliminano dalla dieta comunque si ha una perdita di peso e un guadagno per la salute. Questi cibi sono una trappola. Lo zucchero dà assuefazione. Un effetto tipo droga. Ma non sazia. Perchè lo zucchero semplice viene convertito in grasso dall'insulina e non è disponibile per i muscoli e il cervello. Ed allora viene da mangiarne ancora ed ancora fino all'obesità. Nessuna sazietà, ma danno al cuore e alle arterie da glicemia elevata. Mangia grassi e proteine di qualità ,mangia cereali con fibre, mangia un pò quello che vuoi, ma non "cibo spazzatura".
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La pretesa di superiorità a tutto campo che la medicina occidentale accampa, spesso con sicumera, naufraga sugli scogli dell'evidenza.
Non sono i soliti negazionisti, ma la più prestigiosa rivista scientifica mondiale a parlare. Su Nature, nel 2015, Schork e coll mostravano che bisogna trattare dalle 3 alle 24 persone con un farmaco, per curarne una: ebbene si, per gli altri 2 (o peggio 23), il farmaco sarà acqua fresca (alla stregua di un risibile omeopatico) o, peggio, porterà effetti collaterali. Schork ha condotto questa indagine su dieci tra i più consolidati medicinali usati negli USA per curare la gastrite, la depressione, l'ipercolesterolemia e malattie importanti come l'artrite e la colite autoimmune. La medicina non si distingue in orientale o occidentale, tradizionale o complementare. Nel mondo reale, al di fuori dei laboratori e degli studi progettati a tavolino, la medicina fa i conti con le persone. Ed ogni persona è unica e particolare. Non c'è il farmaco unico ( e neppure il pensiero unico) per quella malattia , ma un approccio in più possibile ampio che tenga conto di come quella malattia interagisca con il sistema complesso che ciascuno di noi rappresenta. |
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