Di Evoluzione Spirituale si sono occupate le antiche tradizioni spirituali, da sempre.
E' il cammino interiore che ci porta realmente all'Essenza. O, se si preferisce, alla domanda: chi sono io? La vita di tutti noi è composta da diverse fasi, ma sostanzialmente, passando gli anni, è possibile che il baricentro si sposti progressivamente da "Io possiedo" un lavoro, una relazione sentimentale, cose e affetti a "Io sono". Già ma chi sono io? Non un medico o un panettiere, non un marito o un figlio e neppure un nome o un cognome. Queste sono etichette appiccicate su una carta di identità. "Crescere" non è indolore e le crisi che attraversiamo lo testimoniano. Crisi esistenziali o anche crisi di ansia, di panico, di paura, di dolore fisico, che sono spesso equivalenti emotivi di un sistema che non trova risposte e non se ne sta. Per "Evoluzione Spirituale" non si intende sottostare a pratiche religiose, ma "mettere ordine" nella propria vita. Esattamente come si fa con una casa, che ogni tanto va rivista nella disposizione degli interni per soddisfare nuove esigenze. Tutto ciò è ovviamente indissolubilmente collegato con la Salute intesa come "Essere Bene". Caroline Myss, nel suo libro, "Anatomia dello Spirito" prova a mettere insieme la tradizione cristiana con quella orientale ed ebraica. In maniera molto esemplificativa provo a raccogliere qualche spunto, tralasciando solo per motivi di spazio l'intrigante parte sulla la Cabalah ebraica. Il cammino di crescita di ognuno ha a che fare col nostro corpo, con la nostra mente, con la nostra anima, ammesso che tale distinzione sia netta come crediamo. A livello delle parti più basse del nostro corpo inizia tutto. In effetti è da un utero che usciamo. A questo livello la tradizione indù pone il primo Chakra, cioè il centro energetico più basso dell'organismo, a livello del perineo. Qui è la Radice. Cioè la nostra famiglia, cultura, tradizione, religione che va comunque riconosciuta. Ed è proprio da piccolissimi che riceviamo il battesimo, in cui diventiamo membri di una comunità che ci accoglie. E infatti da piccoli è proprio il bisogno di protezione a prevalere. Il passo successivo sono le relazioni ed il secondo Chakra è posto poco più in alto, a livello sacrale, da dove partono i centri nervosi che controllano gli organi sessuali. L'energia qui è indirizzata in direzione gli altri. " Da questo chakra riceviamo il potere di comportarci con onore e integrità in tutte le relazioni della nostra vita, dal matrimonio all’amicizia, ai legami professionali. Questa energia è particolarmente attiva perché riguarda tutte le attività economiche e creative" Il sacramento corrispondente è quello dell'Eucarestia: "Quando «spezziamo il pane» con qualcuno, riconosciamo simbolicamente che apparteniamo a un’unica famiglia spirituale, che ogni persona che conosciamo è lì per un piano divino e che abbiamo bisogno l’uno dell’altro per arricchirci. Alcune di queste unioni saranno necessariamente dolorose". Il terzo chakra è posto circa a livello dell'ombelico, vicino al plesso solare, centro nervoso essenziale per i nostri visceri e le nostre emozioni. L'insegnamento che ce ne viene è: Onora te stesso. Cioè riconosci il tuo valore come creatura vivente, il diritto al rispetto di sè. Diventa ciò che sei nato per essere. Quando ciò non accade non è raro che il nostro corpo ce lo segnali proprio con disturbi viscerali, allo stomaco, all'intestino. Nella tradizione cattolica, durante la cerimonia della Cresima, Lo Spirito entra in noi, sancendo il nostro ingresso nel mondo adulto (quando la maturazione personale è avvenuta in maniera incompleta, facilmente proviamo il bisogno di riconoscimento da parte degli altri; e la sensazione di abbandono che è la paura di restare soli, di chiedere la guida ad un adulto). Il quarto Chakra è il Cuore, che costantemente ci ammaestra: l'Amore è il potere divino. La compassione ci apre le porte del perdono, che è un atto essenziale per la maggior parte delle "guarigioni". Dall'Amore, in un modo o nell'altro dobbiamo passare, per crescere. "Da un punto di vista simbolico, il sacramento del matrimonio introduce nella nostra vita il bisogno e la responsabilità di esplorare l’amore. Dobbiamo innanzitutto amare noi stessi e il nostro primo matrimonio deve essere simbolico: l’impegno di provvedere in modo consapevole ai nostri bisogni emotivi, per essere in grado di amare e accettare gli altri incondizionatamente. Imparare ad amarci è una sfida per tutti noi, dato che nessuno è nato amando se stesso". Il quinto chakra è a livello della gola. E l'insegnamento ci invita a cercare noi stesso su un piano più alto, il Divino. Solo su questo piano ci è possibile cercare una Verità su noi stessi che vada al di là degli anni che ci sono concessi nella carne. Qui si può realizzare quella trasformazione alchemica che è "cambiare la voce con cui parliamo al mondo", "trasformando i nostri conflitti in successi e le nostre ferite in punti di forza". "Da un punto di vista simbolico il sacramento della riconciliazione comunica al nostro sistema la consapevolezza che falsare la verità va contro il nostro disegno naturale". Non "dire la verità", visto che siamo a livello delle corde vocali, fa male soprattutto a noi. Perchè spesso è proprio a noi stessi che mentiamo. Il sesto chakra è il cosiddetto "terzo occhio", situato tra le sopracciglia. Esso rafforza il concetto «Ricerca solo la verità». Non più guardare, ma finalmente Vedere, rinunciando a giudicare su criteri umani. E siccome umani restiamo, rinunciare tout court a giudicare. Cambiare gli occhiali con cui osserviamo il mondo, in un ottica che porti Pace. Principalmente a noi stessi. E col sacramento dell'Ordine "ci si assume ufficialmente il compito di trasmettere il sacro. (Nel buddhismo questo si chiama «vita retta».) A prescindere da quale sia il nostro compito – guaritore, genitore, scienziato, agricoltore, buon amico – tutti possiamo diventare contenitori di energia divina". Il settimo chakra è a livello dell'apice del cranio, là dove incontriamo il cielo e con Esso ci continuiamo. Vicino all'epifisi, che è considerata da alcuni "la ghiandola della felicità". Là dove, in medicina cinese, i meridiani yang si incontrano. Il potere che deriva da esso trasmette al nostro sistema la verità sacra «Vivi nel momento presente”. Il futuro non ci appartiene. E il sacramento dell'unzione degli infermi serve proprio a ricordarcelo. E se il futuro genera solo preoccupazione con i mal di testa correlati, il passato rappresenta ciò che è morto. E ancora questo sacramento ci dà la capacità di liberarci delle esperienze passate per «non portarci dietro il morto”. Ci ammaliamo per aver «portato il morto» con noi troppo a lungo. Il potere che noi cerchiamo fuori di noi, sotto forma di denaro, prestigio, sicurezza è semplicemente dentro di noi, a disposizione di chi decide di usarne consapevolmente. Di chi impara " a tirare fuori dal proprio Tesoro cose nuove e cose vecchie" (Matteo, 13). "
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Qualcuno la considera più un ormone che una vitamina. E' verosimilmente coinvolta in un numero impressionante di aspetti della nostra salute: oltre al ben conosciuto effetto di "rinforzo"sulle ossa, avrebbe effetti anti-tumorali, anti-stress, anti-infiammatori, di modulazione per il sistema immunitario, anti-diabetici. Essenziale al benessere, quindi.
In realtà, da un lato, gli studi clinici non sono propriamente concordi nel considerarla una panacea (in ultimo lo studio VITAL pubblicato nel 2018 sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine); dall'altro che questa sostanza sia implicata in numerosissime reazioni metaboliche del nostro organismo è indiscutibile. Ma a questo punto cominciano le domande (tante) cui dare risposte certe (poche). Chi deve assumenerne un supplemento? Sicuramente chi soffre di osteoporosi, indipendentemente dal sesso. Se siete donne ed avete più di 50 anni, un dosaggio ematico, al prossimo prelievo di controllo è caldamente consigliato. Il resto è zona d'ombra. Quale vitamina D? Esistono diverse formulazioni commerciali di questa vitamina, la piu' diffusa è il colecalciferolo. E' anche la più economica. E' una forma di vitamina D che per diventare efficace nel corpo deve essere "attivata" a livello del fegato e del rene. Le linee guida scientifiche dicono che va bene per tutti, tranne per chi soffre di malattie epatiche o renali. In effetti nel sangue viene dosata una forma diversa, biologicamente attiva, che è la vitamina D3 (quella presente a prevalenza nei cibi grassi a contenuto animale); a parte la questione economica, parrebbe piuttosto sensato che una supplementazione avvenisse in questa forma. In commercio ne esistono anche di origine vegetale, adatte ai vegani. Quanta vitamina D? Le linee guida consigliano poche centinaia di Unità Inernzionali al giorno. Però per raggiungere livelli nel sangue adeguati spesso ne è necessaria di più, a volte molta di più; in commercio esistono capsule da 1000, 4000, 10000 Unità. Una possibilità ragionevole è iniziare con 1000 e controllare successivamente i dosaggi nel sangue, tenenendo presente che alle nostre latitudini d'estate ne è sicuramente necessaria una quantità minore (viene "fabbricata" grazie all'esposizione solare). Quali sono i livelli corretti nel sangue? I diversi laboratori riportano valori normali nel range da 20-30 fino a 80-100 ng/ml. Sopra i 100 (ma di quanto sopra?) è probailmente tossica. Sotto i 30, consiglierei di valutare un'integrazione. Valori tra i 50 e gli 80 sono probabilmente auspicabili, nel caso se ne assuma un'integrazione farmacologica. C'è da considerare anche la situazione clinica: una donna giovane con osteoporosi si merita un "spinta" più coraggiosa di un uomo anziano in apparente buona salute e senza problemi ossei. La supplementazione farmacologica è sicura? In effetti un'intossicazione è possibile, perchè la vitamina D si accumula nell'organismo. Il rischio, alla lunga, è quello delle calcificazioni, che significano maggiore probabilità di complicanze cardio-vascolari. Le formulazioni ad alto dosaggio assunte ogni 15-30 giorni espongono di più a questo pericolo e sono sconsigliate a chi ha problemi renali importanti, ad esempio. Consiglierei al massimo un assunzione settimanale, ma meglio quella quotidiana, in chi è paziente. Solo Vitamina D? Alla ribalta sul palcoscenico della prevenzione dell'osteoporosi sta assurgendo la vitamina K2, di cui sono ricchi cibi grassi e fermentati. Addirittura in paesi come il Giappone viene consigliata liberamente assieme alla vitamina D. La Vitamina K2 sembra essere il braccio destro della vitamina D, quella che ne assicura l'azione sull'osso e non sulle arterie, dove il rischio è appunto quello delle calcificazioni. Soprattutto quando, assieme alla vitamina D, si assumono integrazioni di calcio: che io consiglierei ormai solo in casi particolari. Un'integrazione di 100 , al massimo 200 mcg al giorno mi sembra raccomandabile, in chi dovrà assumere per anni vitamina D. Meglio la forma MK7, a meno che non si assumano anticoagulanti orali, nel qual caso si dovrebbe optare per la MK4, meno ricca di principio attivo, ma più maneggevole. E il magnesio? Sicuramente il magnesio interferisce col metabolismo del calcio, per cui, spesso che ha davvero bisogno di calcio perchè ha livelli molto bassi nel sangue, è bene che assuma anche magnesio. E' possibile che interagisca anche col funzionamento di vitamina D. Sicuramente quando i livelli nel sangue sono bassi, va reintegrata. In realtà questa non è una condizione clinica così comune, tranne in gravi malnutrizioni o malattie renali o diarree croniche. E' vero che un cucchiaino di magnesio alla sera può aiutare a rilassarsi, è indicato per alleviare dolori ed irritabilità legati al ciclo mestruale, previene la formazione di calcoli renali, in particlare nei periodi caldi. Controindicazioni sono rare, ad esempio in campo nefrologico. In conclusione la supplementazione farmacologica di vitamina D è impegnativa. Va fatta tutta la vita, perchè abbia senso. In dieci anni si tratta di assumere almeno 3650 compresse, per capirsi. Il doppio se, come consiglierei,si decide di integrare anche la vitamina K2. Ha un costo economico, soprattutto se si assume la forma attivata, anche se non così esagerato ai tempi dell'e-commerce. E' sicuramente indicata in chi ha osteoporosi o famigliarità per osteoporosi. Per gli altri è, come spesso capita nella vita, una scelta personale. Potrebbe essere ragionevole essere poco ragionevoli, ma affidarsi alla pancia: provare alcuni mesi e rimettersi al giudizio del proprio corpo. Cosa vuol dire guarire?
Potrebbe essere tornare esattamente alla situazione precedente del corpo o della mente, dopo una malattia. Potrebbe. Se non fosse che nessun fiume inverte il proprio corso per tornare indietro nè ad inverno succede l' autunno precedente, in natura. Quello che è accaduto, è successo. Ogni resistenza al cambiamento è dispendio di energia e fonte di sofferenza. E dopo una malattia, sono diventato qualcosa d'altro. Accogliere questo richiede di andare oltre la paura. La comfort zone della sicurezza non è parte della natura, che invece è cambiamento continuo. La paura del nuovo spesso ci fa pagare un prezzo esorbitante, qualche volta velenoso; preferiamo rimanere in una situazione conosciuta, di lavoro, di sentimento, di famiglia che ci fa soffrire, piuttosto che "rischiare" di stare bene cambiando. La mente ci spinge verso un'impossibile salvezza data dalla sicurezza, dal risparmiarsi, dal preoccuparsi, dall'accumulare, illudendo di procrastinare all'infinito l'irrimediabile che teme: la morte. Ma la morte non è la fine. Non in Natura, dove ad una foglia morta segue sempre una foglia nuova, dove una morte crea lo spazio per una nascita. Non in Spirito, perchè in nessuna tradizione spirituale la morte è considerata angoscioso perdersi. Cosa sono ora, mentre la malattia mi cambia, manda all'aria ogni programma, ogni certezza? Sicuramente sono emozioni che mi attraversano. E allora è necessario farci un giro con la tristezza, la paura, la rabbia di chi vede il proprio corpo mutare per la malattia. Piangere, urlare sono passaggi che non dobbiamo farci mancare, se vogliamo riuscire ad andare oltre. Così come arrabbiarsi con una situazione famigliare che abbiamo dovuto subire da piccoli, indifesi e che ha indirizzato il corso di tutta la nostra esistenza successiva. Sentire la solitudine a cui ci ha condotto un abuso o anche solo un' insensibilità di chi avrebbe dovuto amarmi come figlio. Battere i pugni e gridare fino a vedere il proprio viso sfigurato allo specchio è quanto ci è dovuto all'inizio. Se non guardiamo in faccia le nostre emozioni, ci identifichiamo con esse. E allora ci convinciamo di essere i collerici senza speranza, i depressi senza speranza. Quello che è entrato deve uscire, perchè noi possiamo stare bene. Vale per il cibo, perchè nessuno può vivere senza evacuare. Vale per le emozioni che sono il cibo dell'anima. Arrivano per farci crescere, costringerci al cambiamento, ma se rimangono dentro imputridiscono, ci avvelenano. Poi, e solamente poi, quando abbiamo fatto "uscire", qualcosa cambia e ci possiamo concedere la possibilità del passo ulteriore. Poi possiamo concederci la possibilità di guardarci ed assumerci le nostre responsabilità. Siamo noi che abbiamo perpetuato comportamenti, atteggiamenti mentali, abitudini che ci hanno fatto male. Siamo stati noi che non ci siamo interrogati, non abbiamo ascoltato con attenzione il nostro corpo, che abbiamo fatto finta di niente perchè cambiare ci faceva paura. La responsabilità di chi non si è mai preso cura del proprio corpo ad esempio. O di chi non ha mai voluto chiedersi cosa ci fosse dietro una pulsione distruttiva, come la ludopatia, l'alcolismo o l'anoressia. Ed ha finito per identificarsi con esse. Arrivando a disprezzare il proprio corpo gonfio o emaciato. La proprio anima giudicata inguaribile. Guardarci non è giudicarci. Quando finalmente non ci identifichiamo più con rabbia, paura, tristezza, possiamo andare oltre il concetto di colpa. Ognuno di noi fa come può, come crede di saper fare. Spesso dietro un atteggiamento perseguito, c'è un atteggiamento subito, come nelle violenze domestiche. E noi facciamo ciò che ci hanno fatto, ciò che abbiamo visto fare, nella convinzione che non ci siano alternative. Alimentando circoli viziosi. Siamo creature. Spesso perpetuiamo situazioni che abbiamo vissuto da molto piccoli e che diventano il nostro "disco rotto", ad esempio nelle relazioni sentimentali. Chi ha percepito il vissuto dell'abbandono, continuerà a sentirsi abbandonato ed ad abbandonare. Chi non ha percepito accudimento, non saprà accudire o la farà in modo morboso, inquinando le proprie relazioni. Oppure non si prenderà cura di se stesso, considerandosi indegno. Ma che sentimento si può provare per una creatura? Compassione. Intesa come "mettersi nei panni di" per condividerne le emozioni ed i sentimenti. Compassione per il bimbo che ha "sentito" il giardino Interiore della propria anima minacciato, calpestato, abusato. La compassione va oltre al giudizio ed apre la porta al perdono. Perchè una creatura si perdona. Il bambino spaventato, arrabbiato che è dentro di noi si guarda con compassione ed amore e magari alla fine si riesce a perdonare. E poi, e solo poi, il bambino che è dentro nostro padre, nostra madre, nostro marito, il nostro vicino, il nostro collega. La dottssa Erica Poli spiega con cura in "Anatomia della Guarigione" cosa non sia perdonare. Perdonare non è dimenticare l'evento, ma solo il vissuto emotivo, che ci riporta al nostro copione emotivo, all' irrisolto emozionale. Al "disco rotto" che si perpetua in atteggiamenti che ci negano il benessere. Perdonare non è scusare. Contatta la tua ferita e falla parlare, prima di perdonare. Non è necessariamente riconciliarsi. A volte semplicemente una dinamica relazionale si è esaurita e come tale si accoglie. E' ciò che accade verso chi è deceduto ad esempio. Non è negare i propri diritti legali, in caso di violenze subite per esempio. Non è volere che l altro cambi. Ma liberare se stessi dal bisogno che l'altro cambi. Non è lasciare immediatamente la collera. Ma concedersi il tempo affinchè le emozioni sedimentino. Perdonare è esercitare un enorme potere personale che avevamo demandato ad altri od a un noi stesso bambino inconsapevole, spaventato, arrabbiato. Perdonare è riprendere in mano la responsabilità della propria vita. Perdonare è Guarire. Di una guarigione che non è tornare come prima, ma essere più adulti, consapevoli di noi stessi, di chi siamo. Ogni condizione ammette un opposto. Perdonare è oltre la felicità che contempla la possibilità di infelicità. Perdonare è Beatitudine che non ha contrario. Perdonare è "donare" libertà a se stesso, passando "per" una lettura consapevole del proprio vissuto. E allora, per parafrasare Thich Nhat Hanh, possiamo essere in Pace in tutti gli istanti, ma cominciando da proprio Ora. Secondo Erica Poli (Anatomia della Guarigione) esistono tre livelli di coscienza in cui possiamo passare le nostre giornate. Potremmo anche definirli tre modi diversi di vivere, con livelli di soddsfazione (felicità?) diverse.
Nel primo Livello, viviamo focolalizzati su ciò che abbiamo intorno. La vita è raggiungere obbiettivi; la modalità è successo o fallimento. Giudicare in base a ciò che noi abbiamo o non abbiamo, che gli altri possiedono o non possiedono. In questa modalità la vita è lotta. La logica è quella del prendere. Interpretiamo in termini di colpa. La sofferenza del fallimento è la nostra maestra. Ci fidiamo della razionalità e basta. E' una modalità estremamente dispendiosa sul piano delle energia. Siamo sempre in corsa, sempre in azione, ogni traguardo non è che la partenza per il prossimo obbiettivo. E la felicità è continuamente rimandata a "quando": quando avrò quel lavoro, quando potrò avere una casa mia, quando potrò avere tempo per me,andando in vacanza... E quando è sempre dopo. Nel secondo Livello, quello della felicità condizionata, viviamo focalizzati sul bisogno d'amore. I valori della vita sono spostati verso gli altri e stiamo bene quando siamo riconosciuti: in amore, sul lavoro, in famiglia. In questa modalità la vita è relazione. La logica diventa quella del dare. Interpretiamo in termini di colpa e perdono. La delusione delle aspettative è la nostra maestra. Ci fidiamo del cuore, ma fino ad un certo punto. Eh si perchè accade, e con un'irritante frequenza, che il partner non sia all'altezza delle aspettative, il lavoro non sia soddisfacente, i genitori siano oppressivi, i figli egoisti; e allora ci lamentiamo continuamente. Passiamo magari da un principe azzurro all'altro, da un capo ufficio all'altro. Oppure ci rassegniamo a quello che c'è, perchè la paura di cambiare è comunque più forte e scegliamo una infelicità certa rispetto ad una felicità incerta. Dopo l'ennesima sportellata in faccia da parte dell'Esistenza, decidiamo che è meglio chiudersi in casa e tornare a fidarsi solo delle sicurezze. Il terzo Livello è quello della felicità incondizionata, ma il termine felicità non è più adeguato, a questo stadio. Nel senso che il benessere, l'Essere Bene, non dipendono più dagli altri e neppure da ciò che ci accade o non ci accade. A questo livello di coscienza, togli agli altri il potere di farti stare male. Ma soprattutto vuoi ciò che fai, perchè ciò che sei è perfetto. E' perfetto ciò che accade o non accade. E' perfetto ciò che gli altri sono o non sono. E se il comportamento degli altri non ti fa stare bene, semplicemente te ne allontani. Senza il peso ingombrante del giudizio. In questa modalità la vita è armonia. La logica diventa quella dell'integrazione. Il giudizio è sospeso. La Bellezza è la nostra maestra. Ci fidiamo del Cuore, perchè lo sentiamo capace di dialogare con la Mente, nella consapevolezza costante di essere Qualcosa di Più. Per citare il Vangelo di Giovanni, "siamo nel Mondo, ma non del Mondo". Ma sarebbe possibile citare testi islamici, buddisti, indù. La buona notizia è che in realtà non siamo distanti da tutto questo. Lo siamo già stati, in effetti. A questo si riferisce Cristo quando ci invita a "tornare bambini". La Via per tornare lì non è complicata, è solo difficile. Ci sono innumerevoli libri, religioni, spiritualità, tecniche che indicano la Strada. Occorre rinunciare ad un certo numero di sicurezze, comodità, convinzioni e credenze. Una "porta stretta" in cui ognuno si avventura quando è il suo momento. Già saperne l'esistenza fa respirare. |
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October 2024
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