Curarsi in maniera naturale. Sempre più anche la medicina "farmacologica" riconosce come la natura possieda le chiavi della nostra salute. Segnalo due studi pubblicati in riviste scientifiche eminenti (soprattutto il primo) in questa direzione. Lo studio REDUCE-IT, pubblicato in gennaio su New England Journal of Medicine, dimostra come un derivato dell'acido eicosapentanoico (i famosi "grassi buoni" Omega 3) riduca indiscutibilmente infarti ed ictus in pazienti con diabete o aterosclerosi con trigliceridi alti nel sangue. Questo omega 3 si ritrova soprattutto nei pesci "grassi", ma per i vegetariani c'è la possibilità di ricavarli da alcune alghe ed in piccola parte dalla pianta portulaca. Un altro studio, molto meno pretenzioso, pubblicato in Marzo su Journal of Alzheimer's Disease associa l'assunzione regolare di funghi almeno due volte alla settimana con una riduzione del 50% della probabilità di sviluppare deterioramento mentale. I funghi in questione sono gli "orientali" shitake ed enoki, ma anche i nostrani champignons ed i funghi ostrica. Occuparsi di se stessi passa anche attraverso una alimentazione più sana e naturale possibile.
0 Comments
Volentieri dò spazio ad un paio di questioni che mi ha posto Alberto e lo ringrazio per la fiducia:
"Poi il distacco di cui si parla lo opero, a volte quando sono arrabbiato comincio a parlarmi, analizzando ciò che è successo dall'esterno come se io non fossi Alberto ma un'altra persona. Sebbene la rabbia si mitighi, non svanisce il nervoso, ma non me ne rendo conto subito, solo quando rientro in me completamente. È necessario urlare e fare quegli esercizi per la rabbia? ....Ultima cosa. Come faccio a non crearmi aspettative? Io di per me so che non ne dovrei avere e non ne vorrei avere, ma automaticamente mi si formano e mi fanno soffrire, poiché non le voglio riconoscere e quindi non le faccio nemmeno rispettare. Di mio vorrei non ingabbiare nessuno e credo che se creo aspettative poi limito la libertà se gli altri le rispettano. Le mie aspettative sono in realtà tacite(pure a me) pretese. Dato che non le voglio esternare, come faccio a non crearle o quanto meno a farle svanire nel minor tempo possibile?" Il distacco è una questione delicata. Una questione di distanza. Quando siamo troppo lontani da chi ci parla, non sentiamo le voci. Se ci avviciniamo troppo, le voci ci assordano. Questo vale per gli altri, ma anche e soprattutto per la nostra "voce interiore". La distanza giusta è l'empatia. Sentire alla distanza corretta per lasciarsi coinvolgere, senza lasciarsi sconvolgere. Dalle storie degli altri, ma prima di tutto dalla nostra. Prendere contatto con le proprie emozioni è fondamentale. Riconoscere cosa ci attraversa ad ogni attimo, ci rende consapevoli che non siamo nè i nostri pensieri nè le nostre emozioni. Che ne siamo attraversati, semplicemente. Quando il vento ci investe noi non pensiamo di essere Vento. Ma quando la rabbia ci prende, immediatamente diciamo "sono arrabbiato", invece di "sono attraversato dalla rabbia". Le aspettative sono la nostra spinta ad agire, ma anche un veleno mortale che ingeriamo a piccole dosi ogni giorno. Siamo convinti di avere diritto ad essere amati, riconosciuti, rinforzati, rassicurati. E quando non succede, soffriamo. Ci arrabbiamo o ci depriamo. Eppure Io sono Io, indipendentemente da ciò che gli altri possano commentare. Io valgo Io per il fatto che sono nato e che mi ha stata concessa terra su cui camminare ed aria da respirare. Le qualità che possiedo sono donate a me ed al mondo, in maniera unica. Io ed io solo posso metterle a frutto oppure no. Ci sono fiori sperduti nei deserti o nascosti nei precipizi, di cui nessuno mai godrà i colori o percepirà il profumo. Eppure loro sbocciano comunque. Non hanno bisogno che il venta dica loro "belli" o la pioggia li conforti. Tutti i miei sentimenti, le mie azioni sono in primo luogo per me. Gli altri poi ne gioveranno oppure decideranno di non giovarsene, in libertà e nel massimo rispetto. Ma io non posso fare a meno di essere me stesso. Indipendentemente dalla ricaduta che ciò ha sugli altri, in libertà e nel massimo rispetto per gli altri. Se faccio del bene, corro i 100 metri oppure suono la chitarra deve essere in primo luogo per il mio piacere, perchè ciò mi dà gioia. Aspettarsi un ritorno dagli altri, significa mettere la propria serenità in mano di qualcun altro che non sia io. E sappiamo già come andrà a finire: gli altri, esattamente come me, fanno ciò che possono, tra mille angoscie e preoccupazioni. E soprattutto vedono, esattamente come me, ciascuno il proprio film, convinti che sia unico e vero. Mentre di film, ne esistono almeno 7 miliardi, sulla terra. Tutto questo richiede consapevolezza. La consapevolezza richiede allenamento. Dedicare l'1% della propria giornata, ogni giorno a ciò, fa la differenza. L'1% del proprio tempo quotidiano sono 14 minuti, in cui praticare respiro e silenzio....in cui acquietare la mente perchè stia a sentire il cuore....in cui Alberto possa cominciare a sentire cosa c'è oltre la rumorosa e mai paga mente di Alberto. http://www.salusinvita.it/respirazione.html http://www.salusinvita.it/meditazione.html Se c'è qualcosa che suscita in noi indignazione e poi frustrazione e poi malattia dell'anima e poi malattia del corpo, è la Giustizia.
La Giustizia per noi è aritmetica. Si divide per due o per tre o per mille, possibilmente fino al decimillesimo decimale. Si vorrebbero divise così le eredità, le sovvenzioni statali, gli emulumenti, le attenzioni dei genitori, le razioni di filetto. E siccome di solito non si arriva neanche al primo, di decimale, ci si indigna. Si smette di parlare col fratello, si cova rancore col datore di lavoro, si ingiuria lo stato, ci si allontana dal padre. Poi capita ahimè che i padri muoiono e dall'indignazione si passa la senso di colpa: davvero una casa, un auto, un conto in banca valeva il prezzo di un allontanamento? Ed a quel punto ci si ammala di senso di colpa. C'è un altro modo? "Non c'è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali fra diseguali" ,scriveva Don Milani. Ma non si stava inventando nulla. Luca, nel suo Vangelo, ci narra una parabola che ci spiazza, quella conosciuta come del figliol prodigo. Il padre dà al figlio minore che gliela chiede la sua parte di eredità. Tanti soldi. Il padre è ricco. Intanto, perchè gliela dà? Non c'è nessun dovere, le eredità riguardano i defunti. Eppure gliela concede, quel "babbeo" del padre. Ma come? é un uomo di esperienza, non si immagina come andrà a finire? Andrà ovviamente a finire che il figlio spreca tutto. Li dilapida nella maniera più veloce ed insensata, per appagare piaceri immediati e modesti. Affari suoi, già pensiamo noi. Ma ecco che con una faccia di bronzo da impunito il figlio minore ritorna dal padre. Affamato, sporco e senza un soldo. Ben gli sta. Almeno dovrebbe partire un assordante "te lo avevo detto" da parte dal padre, consideriamo noi. Invece, quel due volte "babbeo" del padre gli organizza una festa di ben tornato. Eh no. Questo è troppo. Ha passato il segno, considera il fratello maggiore. Che si indigna. Anche poco, si indigna. Noi ci saremmo fatti venire un travaso di bile, da assumere antiacidi ed ansiolitici. E subito avremmo contattato uno studio legale, per difendere i nostri diritti, per invocare "giustizia". Giustizia. La giustizia, a noi non piace. Non quella di Dio. Che si limita a dare a ciascuno dei suoi figli ciò che a lui serve. Spesso ciò che ci viene reputato utile per noi è l'esperienza. Quella che noi, di primo acchito, chiamiamo errori. Ed allora ecco amori "sbagliati", lavori "sbagliati, matrimoni "sbagliati", persone "sbagliate"....così sbagliate che ci fanno crescere, capire chi siamo, comprendere ciò che vogliamo e ciò che non vogliamo più. Ed ecco ahimè le malattie...che ci costringono a rivedere i nostri piani, a farci domande, a cambiare rotta, ad imparare (talora in maniera drammatica) la pazienza. E' dura da digerire, ma Dio non ci vuole appagati, tronfi, completamente soddisfatti. Non ci vuole "pieni". Perchè quando siamo pieni di noi, non c'è più posto per altro. E' innegabile. La giustizia di Dio non ci piace. Somiglia troppo all'amore, in effetti. Che si sia confuso, Dio? L'onda "sta a sentire" il Vento. Si solleva spumeggiante nel Libeccio e quasi scompare in Tramontana.
Noi no. Forziamo continuamente le situazioni per imporre la nostra direzione. Nelle piccole vicende. Quando la connessione dati cade in continuazione, senza un motivo apparente, ma io mi ostino a cercare di acquistare sul web, per esempio. Quando il mio stomaco dice basta, ma non voglio avanzare quel pò di pasta. Quando corro in stazione per prenderlo ad ogni costo, quel treno. Eppure. Eppure qualche volta capita di intuire come una saggezza negli accadimenti della vita. Quando scopri, il giorno dopo, che tuo fratello ti ha appena regalato quello che ti ansiavi per acquistare on-line ieri in superofferta . Quando passi poi il pomeriggio a tentare di digerire il pranzo. Quando quel treno che hai preso al volo si rompe e stai un'ora fermo nel nulla. Nelle grandi vicende, non è diverso. Quando hai fatto il diavolo a quattro, per sposarlo, quell'uomo che adesso ti antepone sistematicamente la champions league. Quando il lavoro "sicuro" per cui ti sei messo in coda per anni, non ti piace più e tu sfiorisci poco a poco, perchè, lasciarlo, il lavoro sicuro non è proprio possibile. Quando hai ereditato tre case dal ricco zio ed ora passi le giornate a litigare con gli inquilini. La verità, quella onesta, è che non sappiamo davvero cosa sia bene e cosa sia male per noi. E passare l'esistenza a cercare di far accadere, ad esprimere desideri "a doppia lama" è quanto meno stancante, spesso inutile, a volte controproducente. L'imperatore Marco Aurelio scriveva: Accogli con fiducia quanto la vita ti porge intessuto nelle trame del destino. Cosa potrebbe esserci di più vantaggioso per te? Lasciare andare quello che non "mi sta più", è l'unico modo per far spazio a ciò che sta arrivando. Resistere in una situazione di discomfort è salubre solo quando lo facciamo per un amore "puro", cioè screvro da sensi di colpa e senza aspettative; o per imparare una lezione che ci farà evolvere. Che poi forse sono la stessa cosa. Quando il passo è più lungo della gamba si esce dalla comfort zone del buon senso.
C'è il rischio di cadere, ci hanno insegnato i nostri genitori. Ma nessuno ci ha mai messo in guardia dai rischi del rimanere in piedi, ben piantati per terra. Ma irrimediabilmente fermi. L'Antico Testamento pulula di personaggi che hanno fatto il passo più lungo della gamba. Abramo che parte senza sapere per dove, Mosè che viene chiamato all' impresa impossibile di far uscire gli Ebrei dall'Egitto, Giona che deve convertire tutta una città di gaudenti. Per tutti è stato Difficile. Con la D maiuscola. Abramo ha dubbi continuamente (come non averne quando ti si promette una discendenza innumerevole e tu sei vecchio e sterile). Mosè passa la vita a sostenere le invettive della sua gente contro 'sto Dio così poco interessato al consenso elettorale. Giona sta quasi meglio nel pesce che lo ha inghiottito che a convertire gente "pericolosa" per le strade di Ninive. Nel Nuovo Testamento non va meglio. Maria accetta di essere praticamente una ragazza madre in tempi in cui di diritti delle donne si parlava pochino. Gesù ha la sciagurata idea di diventare un provocatore anzichè un maestro della legge. Pietro e Giovanni davanti al sinedrio (consiglio dei sommi sacerdoti che già aveva messo a morte Gesù) ci vanno giù pesanti, a muso duro rispondono che non ci pensano minimamente a stare zitti. Venendo più avanti, Francesco di Assisi rinuncia ad una fortuna e pensa bene di spogliarsi nudo sulla piazza di Assisi, per farlo. Giovanni Bosco inizia la costruzione di una basilica a Roma con 5 lire nel portafoglio. Con buona pace dell'assennatezza. Santi, si potrebbe dire, mica come noi, gente comune. Peccato che Cristo esorti la "gente comune" a fare opere più grandi di quelle che aveva compiuto Lui (Giovanni, 14). Che già non scherzava, in quanto a miracoli. Le persone comuni, quando fanno il passo più lungo della gamba, ne combinano delle belle. Una famiglia di Varazze si è offerta di portare avanti un Oratorio Salesiano, dopo che i religiosi avevano deciso di chiuderlo, per ragioni di assoluto buon senso. E funziona, da anni. Due pazzi di coniugi, gente comune, che "supera a destra", in coraggio, i religiosi. Non è che siamo chiamati a conservarci. Folli e assennati, sani e malati, moriremo tutti. Quelli che hanno fatto il passo più lungo della gamba lo faranno prima, forse. E sicuramente avranno avuto meno occasioni di guardare le partite, alla sera. Ma saranno stati se stessi. Saranno stati Bene. Forse senza colite spastica, reflusso gastro-esofageo, sindromi depressive e cefalee muscolo-tensive. |
E' Tempo per...Cose da Dire Archivi
October 2024
Categorie |
Grazie per aver visitato il blog!
|
Telephone+39 338 860 3928
|
|