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La pace e' solo qui e adesso

se non sei in pace in questo preciso momento, non lo sarai mai

§La Pace è solo qui e adesso. Se dici " Quando questo sarà a posto, allora potrò finalmente vivere in pace" non è vero e lo sai. "Questo" cosa? 
La laurea, il lavoro, il mutuo, gli impegni? Pensando così non ci sarà mai pace: c'è sempre un altro "questo" che viene dopo "questo". 
Se non sei in pace in questo preciso momento non lo sarai mai. Se vuoi davvero essere in pace, devi esserlo in questo preciso momento. Altrimenti ti culli nell'illusione di avere pace, domani§
E Domani non ci appartiene. 
Queste sono le parole di Thich Nhat Hanh,
un monaco vietnamita, già candidato al Nobel per la Pace, un uomo che ha visto ingiustizie e atrocità di guerra sotto ogni bandiera, nel suo paese e molto si è dato da fare per esso.
Un uomo che parla di pace "adesso". Non dice "adesso, ma non in tempo di guerra ovviamente". Non dice "adesso, ma non se sei senza soldi ovviamente". Non dice "adesso, ma non se sei malato ovviamente". E lo dice avendo attraversato guerra, indigenza, malattia.
Quale Strada sta indicando, Thich Nhat Hanh?
Una Strada in cui si cambia modalità. La mente non sa darci pace, ci spinge sempre a qualcosa che accadrà dopo. E poi dopo. E poi dopo. Proviamo allora ad usare un'altra luce, per illuminare la Strada.
Se cambiamo la domanda che da sempre ci affligge da "perchè?" a "come?", ecco che possiamo rivolgerci al nostro respiro ed al nostro corpo ed alla nostra "immaginazione", e chiedere a loro.
Chiudere gli occhi, sedere in silenzio, toglie benzina alla mente. Fine delle distrazioni da fuori.
Possiamo portare l'attenzione al respiro. Quando siamo nel respiro non siamo nella mente. E la mente ben lo sa, tantè che, atterrita dall'idea di spegnersi, ci manda i pensieri.
Nel respiro non c'è nulla da fare. Ed anche questo spaventa a morte la nostra mente.
Nel respiro immaginiamo l'aria che entra e che esce, su e giù lungo il nostro corpo, ne sentiamo la consistenza, ne decidiamo un colore.
Nel respiro, siamo respiro. E quindi non siamo più marito, moglie dipendente, libero professionista, inquilino, casalinga.
Nel respiro, non c'è giudizio. 
 Nè giusto, nè sbagliato.
Nel respiro, incredibilmente la mente c'è, ma gira lenta, senza rumore, meno distratta, quasi attenta. Gira alla velocità del cuore. Ed infatti è frequente avere, in questa situazione protetta, intuizioni su ciò che veramente desideriamo invece di ciò che ci dicono di desiderare.
E poi possiamo "sentire" il corpo. Portarci attenzione. Di solito il corpo è dato per scontato, una macchina idiota. Quando parla, lo mettiamo a tacere con un qualche anti: anti-dolorifici, anti-acidi, anti-spastici.
Eppure il corpo ne sa più di noi. Ci avverte del disagio, prima ancora  di razionalizzarlo. Una situazione che non ci piace è vissuta con contratture muscolari o crampi, ad esempio. C'è da fidarsi. Non sbaglia. Noi spesso ce ne rendiamo conto, ma fingiamo che non sia vero. Ed è l'occasione per una gastrite di trasformarsi in ulcera. Per una contrattura di trasformarsi in ernia.
Il corpo ha una memoria. Ci ricorda le situazioni di disagio, anticipando sintomi. La nausea prima di andare ad un lavoro che ci disgusta, ad esempio.

"Come sento il mio corpo ora?", "Dove sento chiusura o contrazione?"," Quello che sento a cosa somiglia? Che colore ha? Che forma ha?" Senza alcun giudizio. Nè giusto, nè sbagliato.
E quando un pensiero, il modo che ha la mente di strapparci ad adesso, arriva non lo si condanna, non ci si arrabbia. La mente è uno strumento potente, ci ha permesso di inventare straordinarie tecnologie che ci regalano impareggiabile benessere, anche se non sarà ciò a darci la Pace. Accompagniamo il pensiero alla porta, ma con gratitudine, per ciò che rappresenta. E torniamo ad adesso. E lo stesso col prossimo pensiero. E con quello successivo.
Lo yoga indù, la meditazione del buddismo o del taoismo, ma anche l'ascesi cristiana ci insegnano che "allenandosi" in tali esercizi si sviluppa una speciale "consapevolezza".
In termine tecnico ora è chiamata mindfulness.
E qualcosa che in qualche maniera proviamo quando siamo impegnati in un'attività che ci appassiona e ci porta fuori dai comuni pensieri, dal senso del tempo che corre.
E' una sorta di "stato di grazia" , in cui non facciamo nulla, non tentiamo di modificare nulla. E allora il giudizio è sospeso e quindi la compassione può manifestarsi. Compassione per noi, per ciò che siamo e non siamo. Compassione per gli altri. Per ciò che sono e non sono.
"Continuando a praticare, il fiore della comprensione sboccerà in te; e insieme sbocceranno i fiori della compassione, della tolleranza...del lasciare andare: lascerai andare facilmente perchè non ci sarà più un piccolo io bisognoso di tenere per sè...la porta della compassione è spalancata,e il dolore degli esseri viventi è il tuo dolore e farai di tutto per alleviarlo" Thich Nhat Hanh.

In questo nonluogo, in questo nontempo, noi "guariamo".
Accadono trasformazioni sottili che sciolgono i nodi. Quelli dell'ansia, innanzitutto.
Ci occupiamo di quella parte di noi che è collegata a Qualcosa di Più Grande di noi. Siamo dentro al Regno dei Cieli, per dirla in altro modo.
Ritorniamo connessi, in armonia. Più sani. Come ormai testimoniano i molti lavori scientifici che hanno studiato gli effetti della mindfulness. pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30732832/
"La Pace è ad ogni passo. E fa gioioso il Sentiero Senza Fine".
La Pace è Qui, Ora. Il Regno di Dio è in mezzo a noi (Luca,17).
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Secondo Erica Poli (Anatomia della Guarigione) esistono tre livelli di coscienza in cui possiamo passare le nostre giornate. Potremmo anche definirli tre modi  diversi di vivere, con livelli di soddisfazione (felicità?) diverse.
Nel primo Livello, viviamo focalizzati su ciò che abbiamo intorno. La vita è raggiungere obbiettivi; la modalità è successo o fallimento. Giudicare in base a ciò che noi abbiamo o non abbiamo, che gli altri possiedono o non possiedono.
In questa modalità la vita è lotta.  La logica è quella del prendere. Interpretiamo in termini di colpa. La sofferenza del fallimento è la nostra maestra. Ci fidiamo della razionalità e basta. 
E' una modalità estremamente dispendiosa sul piano dell'energia. Siamo sempre in corsa, sempre in azione, ogni traguardo non è che la partenza per il prossimo obbiettivo. E la felicità è continuamente rimandata a "quando": quando avrò quel lavoro, quando potrò avere una casa mia, quando potrò avere tempo per me, andando in vacanza... E quando è sempre dopo.
Nel secondo Livello, quello della felicità condizionata, viviamo focalizzati sul bisogno d'amore.
I valori della vita sono spostati verso gli altri e stiamo bene quando siamo riconosciuti: in amore, sul lavoro, in famiglia.
In questa modalità la vita è relazione. La logica diventa quella del dare. Interpretiamo in termini di colpa e perdono. La delusione delle aspettative  è la nostra maestra. Ci fidiamo del cuore, ma fino ad un certo punto.
Eh si perchè accade, e con un'irritante frequenza, che il partner non sia all'altezza delle aspettative, il lavoro non sia  soddisfacente, i genitori siano oppressivi, i figli egoisti; e allora ci lamentiamo continuamente.
Passiamo magari da un principe azzurro all'altro, da un capo ufficio all'altro. Oppure ci rassegniamo a quello che c'è, perchè la paura di cambiare è comunque più forte e scegliamo una infelicità certa rispetto ad una felicità incerta. Dopo l'ennesima sportellata in faccia da parte dell'Esistenza, decidiamo che è meglio chiudersi in casa e tornare a fidarsi solo delle sicurezze.
Il terzo Livello è quello della felicità incondizionata, ma il termine felicità non è più adeguato, a questo stadio. Nel senso che il benessere, l'Essere Bene, non dipendono più dagli altri e neppure da ciò che ci accade o non ci accade.
A questo livello di coscienza, togli agli altri il potere di farti stare male. Ma soprattutto vuoi ciò che fai, perchè  ciò che sei è perfetto. E' perfetto ciò che accade o non accade. E' perfetto ciò che gli altri sono o non sono. E se il comportamento degli altri non ti fa stare bene, semplicemente te ne allontani. Senza il peso ingombrante del giudizio.
In questa modalità la vita è armonia. La logica diventa quella dell'integrazione. Il giudizio è sospeso, siamo oltre il perdono perchè realizziamo che non c'è nulla da perdonare. La Bellezza è la nostra maestra. Ci fidiamo del Cuore, perchè lo sentiamo capace di dialogare con la Mente, nella consapevolezza costante di essere Qualcosa di Più.
​Per citare il Vangelo di Giovanni, "siamo nel Mondo, ma non del Mondo". Ma sarebbe possibile citare testi islamici, buddisti, indù.
La buona notizia è che in realtà non siamo distanti da tutto questo. Lo siamo già stati, in effetti. A questo si riferisce Cristo quando ci invita a "tornare bambini".  
La Via per tornare lì non è complicata, è solo difficile. Ci sono innumerevoli libri, religioni, spiritualità, tecniche che indicano la Strada.

​Occorre rinunciare ad un certo numero di sicurezze, comodità, convinzioni e credenze. Una "porta stretta" in cui ognuno si avventura quando è il suo momento. Già saperne l'esistenza fa respirare.
In meditazione "tocchiamo con mano"  questo Stato d'Anima più "sottile". Sperimentarlo, già ci cambia, come ormai dimostrano i numerosi studi scientifici su salute e meditazione.

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                                                                                 EMOZIONI
                                     “Tutto quello che arriva, da qualche parte va”


Sappiamo che in qualche maniera il cibo contiene anche tossine che ci arrecano danno.  Nonostante questo nessuno si sognerebbe di eliminare il cibo totalmente dalla sua vita. Così come sappiamo che ci è necessario liberarci  delle scorie degli alimenti attraverso la funzione intestinale. Sarebbe folle chi pensasse di trattenere il cibo ed i suoi residui per sempre in pancia.

Con le emozioni, non è diverso. 
                                                                                                                                   
Là fuori c’è il Mondo. Sicuramente è un luogo pieno di pericoli, ci intimidisce, ci fa paura, ci blocca, addirittura. Eppure non abbiamo alternative a farci i conti ogni giorno, accogliendo emozioni come paura, rabbia, frustrazione, impotenza che dal contatto col mondo derivano. Quando, spaventati, ci rinchiudiamo in noi stessi, ci “barrichiamo in casa” per evitare sofferenza, in realtà ci stiamo procurando un danno. Infatti, rinunciamo così anche a quelle emozioni, come la gioia, la gratitudine,  i sentimenti, il piacere che il Mondo ci regala, assieme alle “tossine” di paura e rabbia.  Quando situazioni di squilibrio come la depressione ci portano alla chiusura, ne paghiamo un prezzo alto: “moriamo di fame” per paura di avvelenarci. Per crescere, evolvere, non condannarci all’atrofia dell’anima, dobbiamo rischiare, esattamente come fa la tartaruga che tira fuori la testa dal carapace per nutrirsi, rischiando di essere predata.   
                                                                                                                                                 
Ma allora che fare delle emozioni negative?                                                                                                                   

​Gesù, in un passaggio del Vangelo, ce lo spiega, a proposito della  zizzania (Matteo 13): erba cattiva che cresce in mezzo al grano. Ma estirparla significherebbe strappare via anche il buon grano. Meglio aspettare il tempo della mietitura e poi separare ciò che ci fa bene da ciò che ci fa male.  Rimaniamo “aperti” al Mondo, a tutte le opportunità che offre, le occasioni che ci concede, ma impariamo a “digerire” ed espellere le emozioni che ci danneggiano. La Medicina Cinese ci invita a non trattenere, a godere di tutto e poi lasciare andare. L’agopuntura e le erbe ci aiutano in questo. Ma, prima di tutto, possiamo imparare delle tecniche che ci aiutino a gestire le emozioni. La principale è la respirazione. Diventarne consapevoli, per prima cosa. Rendersi conto di quando il respiro è bloccato. E poi qualche semplice esercizio di espirazione, “buttare fuori”. La medicina occidentale ci è utile, con le tecniche di respiro buteyco, ad esempio. Ma lo yoga ha una tradizione millenaria, in ciò: il pranayama insegna tecniche per  controllare il respiro. E controllare il respiro equivale a controllare la mente, ci dicono le scritture indiane (Haṭhayoga Pradīpikā  - XV secolo). E controllare la mente significa evitare che si crogioli a lungo sulle situazioni della quotidiana esistenza ed impari a “lasciare andare”, invece di generare quell’ansia che noi tutti conosciamo bene e che ci auto-avvelena.
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                                                                                Osservare le EmozioniFacciamo il giro delle nostre emozioni, andiamo a rivedere vecchi amici, vecchi compagni di strada….facciamoci un giro assieme...e vediamo di conoscerli meglio...eh si, perchè sempre le emozioni ci attraversano, ma non sempre ne siamo consapevoli...e allora confondiamo loro con noi...crediamo di essere arrabbiati, tristi, gioiosi, spaventati, mentre siamo solo attraversati da rabbia, tristezza, gioia, paura….
Le emozioni entrano. Fa parte della vita. Ci servono per crescere, per imparare. Ci nutrono in qualche modo...…
Ma è importante che impariamo a farle uscire, che non le teniamo dentro, dove rischiano di trasformarsi da nutrimento in veleno, allo stesso modo del cibo quando va a male…. 
La PauraEntriamo in contatto con la paura…
Mettiamoci seduti o per terra, se possibile e vediamo, proviamo ancora una sensazione di quando ci siamo sentiti minacciati o in pericolo....potrebbe essere qualcosa di antico, una paura che avevamo da bambini, del buio, di essere aggrediti o abbandonati quando magari i nostri genitori ci hanno lasciati soli..oppure era buio ed eravamo soli nella stanza....oppure qualcosa di più recente. una fobia per un animale….oppure un incidente che ci è capitato...la sensazione di essere gravemente in pericolo….
VIDEO consigliato: https://www.youtube.com/watch?v=lN5wpoNJDUk
La paura cresce e si approfondisce….magari ci rannicchiamo in un angolo o sotto un tavolo, per nascondersi...ci copriamo gli occhi con le braccia o le mani….siamo stretti dentro la tenaglia della paura...
Osserviamo….Per tre minuti
Poi fermati, riaggancia la realtà, lascia che la paura si dissolva. Rialzati, in piedi, sciogliti, muovi i muscoli ….. 
Ripensa alle sensazioni che ti hanno attraversato, rivedile con l’immaginazione.
Il  respiro come bloccato oppure che accelera, le mani fredde, la bocca impastata….potrebbe essere che abbiamo cominciato a sudare od a tremare...la sensazione di chiusura allo stomaco...deglutire…..il cuore più veloce, la sensazione del sangue che circola nelle arterie…., il desiderio di correre via o, all’opposto, sentirsi completamente paralizzati…. 
Rivivi le sensazioni della paura e sii consapevole che ora non ci sono più, non eri tu, ma qualcosa che ti ha attraversato e che ora non c’è più…
La RabbiaEntriamo in contatto con la rabbia….ripensiamo ad una situazione in cui ci siamo sentiti trattati ingiustamente, incolpati ingiustamente…qualcuno ci ha aggredito, maltrattato, ingiuriato, si è approfittato di noi…ci siamo sentiti traditi dal nostro corpo, a causa di una malattia....
VIDEO consigliato: https://www.youtube.com/watch?v=o1tj2zJ2Wvg
Lasciamo che la rabbia salga…
Facciamolo, per tre minuti,  lasciamo che la rabbia esploda. Urliamo allo specchio, osservando il nostro viso contratto... lanciamo o picchiamo con tutta la violenza che ci viene un cuscino...metti un timer e libera la rabbia…
Tre minuti di rabbia sono veramente lunghi….
Fermati, quietati ed in silenzio lascia che la rabbia vada. Risenti il cuore più lento, il respiro più calmo, i muscoli che si  rilasciano….
Ripensa alle sensazioni che ti hanno attraversato, rivedile con l’immaginazione
La contrattura alla mascella, il cuore più veloce, una sensazione di  calore, energia che parte dal basso addome e sale alle braccia facendo venir voglia di prendere o stringere o lanciare qsa…..
Rivedi le sensazioni della rabbia e sii consapevole che ora non ci sono più...
La TristezzaEntriamo in contatto con la tristezza….
Richiamiamo alla mente quando abbiamo avuto una perdita, ci è venuto meno l’appoggio di qualcuno cui volevamo bene davvero. Ad un’occasione in cui ci siamo sentiti soli, la sensazione che a nessuno importasse davvero di noi….
VIDEO consigliato:https://www.youtube.com/watch?v=RUmdWdEgHgk
Ecco, osserva il tuo corpo mentre la tristezza ti bagna….siedi su una sedia o per terra, in un angolo e osserva....Per tre minuti non fare altro che vivere tristezza….
Sperimenta la tristezza più profondamente….lasciati trasportare più profondamente nell’emozione, abbandonati alla tristezza...e forse anche qualche lacrima potrebbe scorrere. O il desiderio di piangere….rivivi senza scampo l’esperienza che ti ha causato e ti causa anche ora tristezza….
Poi fermati, riprenditi, lascia che la tristezza vada. Rialza le spalle, stai dritto, muoviti, lascia muovere l’energia ed abbozza un sorriso... 
Ripensa alle sensazioni che ti hanno attraversato, rivedile con l’immaginazione.
Le palpebre che tendono ad abbassarsi, gli occhi lucidi, le lacrime pronte a uscire ...e un nodo in gola, un senso di peso nel petto...tutto ci spinge giù, le spalle basse,l’energia bassa, come un  ripiegamento interno….abbiamo solo voglia di lasciarci andare, sempre più in giù, sempre più in basso....non c’è energia per muoverci.
Nota come comunque sia più facile della rabbia, la tristezza. come impegni meno energie eppure ci lasci vuoti, come sacchi vuoti….
E sii consapevole che ora le sensazioni della tristezza non ci sono più, non eri tu, ma qualcosa che ti ha attraversato e che ora non c’è più…
La GioiaEntriamo in contatto con la Gioia….
Anch’essa è una emozione, anch’essa può destabilizzarci (non stare in se dalla gioia vuol ben dire qualcosa)….è così intensa che non può durare ed ha in sè il suo opposto, il rovescio della sua medaglia,la tristezza.
Per viverla pensa ha qualcosa che ti ha portato fuori improvvisamente da una situazione di ansia o sofferenza…..un esame  difficile superato, la guarigione da una malattia di un tuo caro o tua personale...una buona notizia inaspettata, una promozione sul lavoro o finalmente il lavoro che sognavi...l’auto nuova, la casa nuova, il ragazzo/la ragazza che volevi a tutti i costi….
Lasciamo che la gioia si esprima….
VIDEO consigliato: https://www.youtube.com/watch?v=QqfwwTgHUX0
Stai in piedi, muovi il corpo, salta, agitati….non stai in te dalla gioia...
Per tre minuti agitati, non stare fermo, parla , canta , urla….
Lunghi tre minuti di Gioia, gestire tanta energia, come per la rabbia, è stancante.
Fermati, quietati ed in silenzio lascia andare anche la Gioia. Risenti il cuore più lento, il respiro più calmo, tutti i muscoli rilasciati….
Ripensa alle sensazioni che ti hanno attraversato, rivedile con l’immaginazione
Il tuo viso è illuminato….il sorriso è acceso, gli occhi ben aperti, il viso si arrossa....il cuore batte forte, il respiro è veloce...vivi una sensazione di leggerezza, di espansione, di calore.....c’è tanta energia, ti senti pronto per grandi cose, per fare tante cose…. 
Ora sii consapevole che ora quelle sensazioni non ci sono più. Tutto passa ed ora non ci sono più.....
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                                                                           OLTRE LA MALATTIA

Cosa vuol dire guarire?
Potrebbe essere tornare esattamente alla situazione precedente del corpo o della mente, dopo una malattia. Potrebbe. Se non fosse che nessun fiume inverte il proprio corso per tornare indietro nè ad inverno succede l' autunno precedente, in natura.
Quello che è accaduto, è successo. Ogni resistenza al cambiamento è dispendio di energia e fonte di sofferenza.
E dopo una malattia, sono diventato qualcosa d'altro.
Accogliere questo richiede di andare oltre la paura. La comfort zone della sicurezza non è parte della natura, che invece è cambiamento continuo. La paura del nuovo spesso ci fa pagare un prezzo esorbitante, qualche volta velenoso; preferiamo rimanere in una situazione conosciuta, di lavoro, di sentimento, di famiglia  che ci fa soffrire, piuttosto che "rischiare" di stare bene cambiando. La mente ci spinge verso un'impossibile salvezza data dalla sicurezza, dal risparmiarsi, dal preoccuparsi, dall'accumulare, illudendo di procrastinare all'infinito l'irrimediabile che teme: la morte.
Ma la morte non è la fine. Non in Natura, dove ad una foglia morta segue sempre una foglia nuova, dove una morte crea lo spazio per una nascita. Non in Spirito, perchè in nessuna tradizione spirituale la morte è considerata angoscioso perdersi.
Cosa sono ora, mentre la malattia mi cambia, manda all'aria ogni programma, ogni certezza?
Sicuramente sono emozioni che mi attraversano. E allora è necessario farci un giro con la tristezza, la paura, la rabbia di chi vede il proprio corpo mutare per la malattia. Piangere, urlare sono passaggi che non dobbiamo farci mancare, se vogliamo riuscire ad andare oltre.
Così come arrabbiarsi con una situazione famigliare che abbiamo dovuto subire da piccoli, indifesi, e che ha indirizzato il corso di tutta la nostra esistenza successiva. Sentire la solitudine a cui ci ha condotto un abuso o anche solo un' insensibilità di chi avrebbe dovuto amarmi come figlio. Battere i pugni e gridare fino a vedere il proprio viso sfigurato allo specchio è quanto ci è dovuto all'inizio.
Se non guardiamo in faccia le nostre emozioni, ci identifichiamo con esse. E allora ci convinciamo di essere i collerici senza speranza, i depressi senza speranza. Quello che è entrato deve uscire, perchè noi  possiamo stare bene. Vale per il cibo, perchè nessuno può vivere senza evacuare. Vale per le emozioni che sono il cibo dell'anima. Arrivano per farci  crescere, costringerci al cambiamento, ma se rimangono dentro imputridiscono, ci avvelenano.
Poi, e solamente poi, quando abbiamo fatto "uscire", qualcosa cambia e ci possiamo concedere la possibilità del passo ulteriore. 
Poi possiamo concederci la possibilità di guardarci ed assumerci le nostre responsabilità.
​Siamo pronti a pagare il nostro prezzo.
Siamo noi che abbiamo perpetuato comportamenti, atteggiamenti mentali, abitudini che ci hanno fatto male. Siamo stati noi che non ci siamo interrogati, non abbiamo ascoltato con attenzione il nostro corpo, che abbiamo fatto finta di niente perchè cambiare ci faceva paura.
La responsabilità di chi non si è mai preso cura del proprio corpo ad esempio. Addirittura lo ha detestato. O di chi non ha mai voluto chiedersi cosa ci fosse dietro una pulsione distruttiva, come la ludopatia, l'alcolismo o l'anoressia. Ed ha finito per identificarsi con esse. Arrivando a disprezzare il proprio corpo gonfio o emaciato. La proprio anima giudicata inguaribile. 
Guardarci non è giudicarci. 
Quando finalmente non ci identifichiamo più con rabbia, paura, tristezza, possiamo andare oltre il concetto di colpa.
Ognuno di noi fa come può, come crede di saper fare. Spesso dietro un atteggiamento perseguito, c'è un atteggiamento subito, come nelle violenze domestiche. E noi facciamo ciò che ci hanno fatto, ciò che abbiamo visto fare, nella convinzione che non ci siano alternative.  Alimentando circoli viziosi.
Siamo creature.
Spesso perpetuiamo situazioni che abbiamo vissuto da molto piccoli e che diventano il nostro "disco rotto", ad esempio nelle relazioni sentimentali. Chi ha percepito il vissuto dell'abbandono, continuerà a sentirsi abbandonato ed ad abbandonare. Chi non ha percepito accudimento, non saprà accudire o la farà in modo morboso, inquinando le proprie relazioni. Oppure non si prenderà cura di se stesso, considerandosi indegno.
Ma che sentimento si può provare per una creatura?
Compassione. Intesa come "mettersi nei panni di" per condividerne le emozioni ed i sentimenti. Compassione per il bimbo che ha "sentito" il giardino Interiore della propria anima minacciato, calpestato, abusato. Paralizzato dal Buco Nero che è al centro di quel giardino, in ognuno di noi, incapace di guardarci dentro. Il bambino terrorizzato che fa di tutto, scende a qualunque compromesso pur di non vederlo, quel Buco.
La compassione va oltre al giudizio ed apre la porta al perdono.
Perchè una creatura si perdona. Il bambino  spaventato, arrabbiato che è dentro di noi si guarda con compassione ed amore e magari alla fine si riesce a perdonare. E poi, e solo poi,  il bambino che è dentro nostro padre, dentro nostra madre, dentro nostro marito, dentro il nostro vicino e il nostro collega.
La dottssa Erica Poli spiega con cura in "Anatomia della Guarigione" cosa non sia perdonare.
Perdonare non è dimenticare l'evento, ma solo il vissuto emotivo, che ci riporta al nostro copione emotivo, all' irrisolto emozionale. Al "disco rotto" che si perpetua in atteggiamenti che ci negano il benessere.
Perdonare non è scusare. Contatta la tua ferita e falla parlare, prima di perdonare. 
Non è necessariamente riconciliarsi. A volte semplicemente una dinamica relazionale si è esaurita e come tale si accoglie. E' ciò che accade verso chi è deceduto ad esempio.
Non è negare i propri diritti legali, in caso di violenze subite per esempio. 
Non è volere che l altro cambi. Ma liberare se stessi dal bisogno che l'altro cambi. 
Non è lasciare immediatamente la collera. Ma concedersi il tempo affinchè le emozioni sedimentino.
Perdonare è esercitare un enorme potere personale che avevamo demandato ad altri od a un noi stesso bambino inconsapevole, spaventato, arrabbiato. 
Perdonare è riprendere in mano la responsabilità della propria vita.
Perdonare è Guarire. Di una guarigione che non è tornare come prima, ma essere più adulti, consapevoli di noi stessi, di chi siamo. Abbracciare il nostro bambino interiore, che fa come può, confortarlo, rassicurarlo, in modo che pian piano abbia l'opportunità di crescere. Abbracciare il nostro corpo ferito, martoriato, attraversato dalla malattia, nella gratitudine: lui è noi, anche lui fa come può. Portare a lui l'attenzione, comunicargli che lo sentiamo, ce ne prendiamo cura.
E riconciliarsi.
Ogni condizione ammette un opposto. Perdonare è oltre la felicità che contempla la possibilità di infelicità. Perdonare  è Beatitudine che non ha contrario.
Perdonare è "donare" libertà a se stesso, passando "per" una lettura consapevole del proprio vissuto.
E allora, per parafrasare Thich Nhat Hanh, possiamo essere in Pace in tutti gli istanti, ma cominciando da proprio Ora.
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                                                         SIAMO LIBERI
​
"Ho liberato i miei genitori dalla sensazione di avere fallito con me.

Ho liberato i miei figli dal bisogno di portare orgoglio per me; che possano scrivere e percorrere le loro proprie vie secondo i loro cuori, che sussurrano tutto il tempo alle loro orecchie.

Ho liberato il mio uomo dall'obbligo di completarlo, di completarmi. Non mi manca niente, imparo per tutto il tempo, insieme a tutti gli esseri. Mi piacciano o non mi piacciano.

Ringrazio i miei nonni e antenati che si sono riuniti affinché oggi io respiri la Vita.
Li libero dai fallimenti del passato e dai desideri che non hanno portato a compimento, consapevole che hanno fatto del loro meglio per risolvere le loro situazioni all'interno della coscienza di quell’istante. Li onoro, li amo e li riconosco innocenti.

Io mi denudo davanti a tutti gli occhi, che sanno che non nascondo né devo nulla, oltre ad essere fedele a me stessa e alla mia stessa esistenza, e che camminando con la saggezza del cuore, sono consapevole che il mio unico dovere è perseguire il mio progetto di vita, libera da legami familiari invisibili e visibili che possono turbare la mia pace e felicità. Queste sono le mie uniche responsabilità.
​
Rinuncio al ruolo di Salvatrice, di essere colei che unisce o soddisfa le aspettative degli altri.
Imparando attraverso, e soltanto attraverso l’amore, benedico la mia essenza e il mio modo di esprimerla, anche se qualcuno potrebbe non capirmi.
Capisco me stessa, perché solo io ho vissuto e sperimentato la mia storia; perché mi conosco, so chi sono, quello che sento, quello che faccio e perché lo faccio.
Mi rispetto e approvo.
Io onoro la divinità in me e in te... siamo liberi "

- Antica Benedizione dedicata alla Dea IxChel e tradotta dalla lingua Nahuatl parlata, a partire dal VII sec., nella Regione Centrale del Messico.

La riporto così, recuperata da Facebook. Non è importante chi l'abbia scritta, nè per chi l'abbia scritta. E' importante perchè mi risuona nel Cuore e lo rende Lieve. Con un respiro profondo, l'aria che trattenevo, è uscita dal corpo, appena l'ho letta. E alla saggezza del corpo, quella che sa ciò che è bene-essere per noi, dobbiamo affidarci. Il ragionamento è assai utile, ma viene dopo. Altrimenti è come organizzare un viaggio perfetto, ma non sapere dove si desidera andare.
"Siamo Liberi", termina la preghiera. Liberi da responsabilità che ci assumiamo alla leggera, procurandoci sofferenza infinita e che invece appartengono alla Vita. E alla Vita vanno riaffidate.
La nostra Esistenza, le sue luci e le sue ombre, sono al di là di ogni possibile giudizio. Ogni volta che ci provo a cercare il giusto e lo sbagliato dentro me o, più facilmente dentro l'altro, mi faccio male.
La nostra Esistenza va accolta. Che non è un ruolo passivo di accettazione. Accogliere vuol dire abbracciare con Gioia o, almeno con serenità, all'inizio.
Qualcuno ha creato questo Vento Divino che è la nostra Storia. Che spira giungendo chissà da Dove e ci conduce chissà Dove. Qualcuno ha creato le sue luci e le sue ombre.
Io sono responsabile solo di questo momento. Di viverlo con cuore aperto, senza pregiudizio. Senza farmi influenzare dal passato o ansiare dal futuro. E questa responsabilità richiede un lavoro enorme di attenzione, di rispetto, di silenzio che va praticato ogni giorno. Qualcuno la chiama meditazione. Qualcuno mindfullness. Qualcuno Yoga. Qualcuno Tai Qi. Qualcuno arte marziale. Qualcuno semplicemente preghiera.
Ed ogni scelta, ogni azione compiuta così, nel massimo della consapevolezza possibile in quel Momento, va oltre ogni giudizio, perchè è compiuta in Amore e Verità.  Non c'è "giusto", non c'è "sbagliato". E' perfetta qualunque ne siano le conseguenze. Perchè, in umiltà, delle conseguenze, di quelle reali, a lungo termine, non sappiamo nulla, se è vero che Salomone, benedizione per il suo popolo,  nacque da un adulterio fondato sull'assassinio.
Questo vuol dire( forse solo per me, ma è perfetto così) il "Siamo Liberi" della Preghiera.

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