Nascere in sè non ci spiega nulla della Vita.
Ci condanna semplicemente al male di vivere. L'ineluttabilità della sofferenza, la paura della morte. La domanda sul senso della morte non porta in nessun posto se prima non ci siamo interrogati sul senso della vita. Ed in questo ci viene potentemente in aiuto il diavolo. Che ci costringe a rispondere alla domanda: cosa è vero per me? A Cristo, nel Deserto del male di vivere, il diavolo propone tre risposte, le tre famose tentazioni. La prima è riempiti: riempiti la pancia di cibo, il conto in banca di contanti, la giornata di distrazioni. Occupati di auto, di TV, di cellulari, di calcio. Basta non pensare, stare il più possibile lontano dal pensiero della morte, e quindi del senso della vita. La seconda risposta è demanda: demanda la tua salvezza a dio; dove dio è qualcuno che soddisfi i tuoi desideri. "Sento" che c'è Qualcuno più in alto di me. E voglio che si occupi di me. Ma alla mia maniera, secondo ciò che io ritengo giusto per me. Quindi se mi ammalo, non trovo qualcuno che ami, gli amici mi tradiscono o la mia ditta fa bancarotta, dio è cattivo o distratto. Ed a me non rimane che frustrazione o cercarne un altro, di dio. La terza è il controllo: controllare la mia vita diventando potente. Poter disporre del futuro e della sorte degli altri. Del mio partner, dei mie figli, dei miei impiegati. E su e su: diventare amministratore delegato di una potente holding, leader maximo di un partito politico, presidente di una nazione. E chissà che la scienza, prima o poi, non mi permetterà di comprarla, prima o poi l'immortalità. E Cristo, come risponde alle tentazioni? Lui accoglie. Una sorte miserrima. Da ultimo. Che dia speranza agli ultimi. Quelli che non avranno mai beni materiali, né logiche speranze e tanto meno potere. Non è nel'affermazione di nessun tipo, personale o sociale, che c'è risposta. Il senso della vita è nella vita. In ogni singola, piccola o grande, esistenza. Che manifesta quella che nel Vangelo si chiama "Gloria di Dio" o "Regno di Dio". Ma che è quanto di più umile e semplice possiamo fare: accogliere ciò che ci arriva come "perfetto" per noi, anche se proprio non ne capiamo il senso. Perché il senso non può essere quello della nostra visione. Lasciare che Dio si manifesti come, dove, quando vuole Lui. E non come, dove, quando vorremmo noi. Accogliere sorridendo anche quando di sorridere, proprio non ce ne sarebbe motivo, per il mondo. Accogliere che non vuol dire non combattere. Accogliere è sempre allargare le braccia ed affidarsi. Ma questo non vuol dire che combattimento non debba esserci. Ma combattere senza odiare chi abbiamo di fronte, rispettandone l'essenza divina, pur rifiutandone le forme quando queste assumono le fattezze di violenza, odio, mistificazione. Combattere quando non sembra esserci speranza, dando un senso nuovo alla parola "vittoria", perchè noi, onestamente, non sappiamo se qualcosa sia perdere o sia vincere. Cosa avrà pensato Nelson Mandela durante i lunghissimi anni in cella e lavori forzati? Di aver vinto o di aver perso? Cosa avrà pensato l'uomo Gesù, appeso su una croce a morire soffocato? Di stare vincendo o perdendo? E, dopo di lui, qualunque uomo che muore sta veramente perdendo qualcosa? Nascere non basta. E' rinascere, ciò a cui siamo chiamati.
0 Comments
Leave a Reply. |
E' Tempo per...Cose da Dire Archivi
October 2024
Categorie |
Grazie per aver visitato il blog!
|
Telephone+39 338 860 3928
|
|