Le radici dell’alimentazione moderna
Se da un lato è palese che l’evoluzione tecnologica e industriale dell’uomo abbia portato molti benefici e vantaggi, è altrettanto vero che le profonde trasformazioni dell’ambiente in cui viviamo, hanno avuto un impatto a dir poco negativo sulla nostra salute. In particolare l’adozione dell’agricoltura e dell’allevamento come sistemi economici alla base del sostentamento alimentare, in aggiunta alla transizione da vita nomade a sedentaria, hanno determinato un cambiamento radicale della nutrizione, con un impatto importante sulla salute umana. Non che l’agricoltura e l’allevamento del bestiame siano dei mali in sé e per sé, purtroppo però, diventano sfavorevoli quando l’uomo si adagia su una dieta prevalentemente a base di latticini e cereali raffinati, riducendo al contempo anche le ore di attività fisica e di movimento, tipiche invece di una società pre-industriale. L’uomo è andato verso questo tipo di adattamento e comodità, forse inconsapevole del fatto che così facendo avrebbe ridotto i suoi livelli di salute. In altre parole, non c’è niente di male ad introdurre nella propria alimentazione anche il latte e i latticini in quantità corrette, ma peggiora lo stato di salute se questi alimenti sono la base della nostra dieta. Soprattutto quando vanno a sostituire l’utilizzo di verdure, legumi, frutta e i cereali integrali. I 7 difetti dell’alimentazione moderna Ad elencare i principali difetti dell’alimentazione moderna dell’Occidente, ci ha pensato uno studio del 2005 riportato sulle pagine della prestigiosa rivista di Nutrizione American Journal of Clinical Nutrition. Si tratta di 7 comportamenti alimentari errati, adottati nelle società industriali. Errato equilibrio sodio-potassio: la dieta moderna occidentale comporta un’assunzione di sodio (sale) in eccesso rispetto al potassio. Il sodio e il potassio devono mantenersi in un certo equilibrio all’interno del nostro organismo, se la concentrazione del secondo prevale sul primo vi è un peggioramento della salute. Questo problema d’eccesso è dato da una progressiva sostituzione di cibi ricchi di potassio con cibi poveri di questo minerale. Complessivamente queste nuove abitudini hanno causato una riduzione del 400% del consumo di potassio e un pari aumento del sodio. Questa inversione dell’equilibrio sodio-potassio è stata correlata ad ipertensione, ictus, calcoli renali, osteoporosi, tumori gastrointestinali, asma e insonnia. A seguire, una lista di alcuni degli alimenti eccessivamente ricchi di sodio (sale) e molto poveri di potassio: salumi di ogni genere e affettati, formaggi, pizza, i piatti pronti da scaldare al microonde, le salse, il salmone affumicato, il pollo arrosto ecc. Questi sono tutti alimenti che dovrebbero essere consumati più di rado rispetto a quanto si faccia oggi in Occidente. Quelli ricchi di potassio invece, sono la frutta, la verdura, i legumi e la frutta secca; e andrebbero assunti regolarmente e in quantità maggiori rispetto alle attuali. Errato equilibrio acido-alcalino: ogni alimento, dopo essere stato digerito e assorbito dal corpo, determina l’aumento e la diminuzione delle sostanze alcaline e acide nella circolazione sanguigna. Il nostro organismo ha bisogno di mantenere continuamente un equilibrio fra queste due sostanze e di mantenere un valore del PH sanguigno sempre bilanciato, al fine di preservare lo stato di salute generale. Uno sbilanciamento porterebbe a disfunzioni di salute. Oggi, la maggior parte dei cibi alcalinizzanti o neutri (legumi, verdure, frutta, noci, semi, tuberi, pesce, cereali integrali) sono quasi spariti dall’alimentazione per lasciare spazio in prevalenza a cibi acidificanti (alcolici, caffè, carne, uova, latte, formaggi, bevande zuccherate, sale, cereali raffinati). Questo comporta uno stato di acidosi cronica in tante persone che incide sulla perdita di tessuto muscolare, sull’osteoporosi, sui calcoli renali e sull’ipertensione. In altre parole, chi segue una dieta basata su carne, latte, formaggi, sale, zucchero e cereali bianchi raffinati (non integrali), mangiando al contempo pochissima frutta, verdure, legumi, acqua, spinge l’organismo verso l’acidificazione. Mentre chi segue diete molto radicali a favore di frutta e verdura, come i fruttariani o i vegani un po’ fanatici, spinge il corpo verso l’eccessiva alcalinizzazione, che reca danni alla salute al pari della troppa acidificazione. L’approccio migliore è quello della regola “in medio stat virtus”, ovvero avere il giusto equilibrio tra una dieta molto varia che include sia mondo animale che vegetale, senza sbilanciarsi troppo a favore dell’una o dell’altra categoria. Scarsi introiti di fibra: ai cibi raffinati (cioè industrialmente molto lavorati e trasformati) viene tolta la fibra che però ha un ruolo importante nella salute dell’apparato intestinale. La fibra solubile, di cui sono ricche frutta e verdura, funge da tampone per l’assorbimento di zuccheri e grassi, riducendo il colesterolo LDL e aumentano quello HDL. La fibra insolubile invece, si trova prevalentemente nei cereali integrali e serve ad ottimizzare il transito intestinale ed a rafforzare l’intero intestino. L’assunzione di fibra in genere rafforza il sistema immunitario dell’uomo, in quanto il 70% del sistema immunitario umano è collocato lungo tutto il tratto intestinale stesso e si basa sui batteri che compongono la flora intestinale. Una buona flora batterica intestinale si forma dunque anche grazie ad un’assunzione quotidiana di fibre attraverso l’alimentazione, mentre la scarsità di questo nutriente nella dieta porta alla formazione di ceppi batterici intestinali patogeni che indeboliscono il sistema immunitario. Scarsa assunzione di vitamine e minerali nella dieta: la raffinazione e produzione industriale dei cibi, rende gli stessi privi delle concentrazioni di micronutrienti necessarie a garantire la salute. Nella preparazione delle farine raffinate, ad esempio, vengono eliminate quasi tutte le vitamine e i minerali contenute nel chicco di cereale. Secondo molti autori tra cui il professor Bruce Ames, professore di biochimica e biologia molecolare presso l’Università della California, nel mondo occidentale si vive in una condizione di carenza cronica di vitamine e minerali, anche se non è sufficiente a creare una vera e propria malattia da perdita completa di vitamine (come lo scorbuto o la pellagra), ma che incide negativamente sul nostro metabolismo e sulla funzionalità degli enzimi dell’organismo. Questo, indirettamente, potrebbe essere alla base delle patologie cronico-degenerative, così tristemente frequenti nei paesi sviluppati. Il cibo industriale, dunque, impoverisce gli alimenti di tanti nutrienti (in special modo di fibra, minerali e vitamine) e questo aspetto è alla base di molte patologie moderne come diabete, sindrome metabolica, ipertensione, malattie cardiovascolari, dislipidemie, tumori e demenze. La soluzione a questo tipo di squilibrio è quella di eliminare i cibi raffinati, aumentare l’introito di verdura, assumere regolarmente un multivitaminico ed eventualmente altri integratori, se consigliati da un medico. Le carenze di micronutrienti (vitamine, minerali) causano veri e propri danni al DNA. Esiste una grande quantità di studi scientifici che indica come un deficit cronico di vitamine e minerali favorisca lo sviluppo di malattie come il cancro. La vitamina D, per esempio, agisce come un regolatore della duplicazione cellulare e sembra proteggere contro molte forme di tumore tra cui il cancro del seno e della prostata. Errata assunzione dei macronutrienti: la ridotta assunzione di verdure, legumi e proteine a vantaggio dei carboidrati ha variato la ripartizione dei macronutrienti. Le raccomandazioni in genere suggeriscono di limitare l’introito di grassi al 30%, mantenere le proteine al 15% ed aumentare i carboidrati al 55-60%. Questi valori, comprese le raccomandazioni, non hanno nessun fondamento scientifico-nutrizionale, in quanto si basano sulle esigenze nutrizionali delle società pre-industriali, in cui le persone erano sempre in movimento. Un agricoltore del 1800, ad esempio, passava le giornate nei campi a svolgere una mole enorme di lavoro fisico, consumando tantissime energie a fine giornata. Queste persone avevano in effetti un fabbisogno ingente di carboidrati nella loro alimentazione, ma ai tempi d’oggi quei livelli di attività fisica sono raggiunti solo da atleti e sportivi professionisti, non certamente dalla persona media sedentaria. Per cui la raccomandazione di assumere il 60% delle calorie sotto forma di carboidrati penalizza le persone comuni in termini di sovrappeso e sviluppo di malattie di tipo metabolico. La soluzione pratica di questo disequilibrio è la seguente: più verdure, legumi, proteine magre (pesce, carni bianche, uova) e meno carboidrati e zuccheri per distribuire al meglio i macronutrienti. Errata assunzione di acidi grassi: la demonizzazione spesso eccessiva dei grassi ha comportato un ridotto consumo dei cibi contenenti grassi buoni e uno spostamento verso cibi a basso contenuto di grassi ma con zuccheri aggiunti. Un corretto consumo di grassi è invece essenziale per la salute, in particolare in relazione alla assunzione di acidi grassi omega 3 con proprietà antinfiammatorie, neuroprotettive per il cervello, cardioprotettive per il cuore e di prevenzione contro l’aterosclerosi e l’infarto. Molte della patologie cronico-degenerative e infiammatorie sembrano essere associate ad uno squilibrio tra grassi omega 3 ed omega 6 con eccessiva assunzione di questi ultimi. Consumare pesce 2-3 volte a settimana e utilizzare 2 cucchiai al giorno di olio di semi di lino o canapa permette di assicurarsi l’introito adeguato di omega 3. Altro problema che riguarda i grassi, è la massiccia introduzione nei cibi industriali di grassi idrogenati che non vengono metabolizzati dal corpo umano e hanno effetti davvero nocivi sul metabolismo. Questi ultimi sono una particolare tipologia di grassi alimentari, del tutto artificiali, che vengono creati con particolari processi di lavorazione degli alimenti come l’idrogenazione. Essa trasforma i grassi polinsaturi in altri tipi di grassi, i cosiddetti grassi idrogenati trans, tra i maggiori responsabili di molte malattie, in particolar modo quelle cardiovascolari. Gli alimenti più importanti che contengono grassi idrogenati pericolosi per la salute sono: margarina, gelati industriali confezionati, prodotti da forno come brioche, biscotti, crackers, grissini, taralli, merendine, patatine in busta, cibo da fast food, creme al cacao con olio di palma, cioccolato preparato con grassi diversi dal burro di cacao. Questi cibi andrebbero eliminati e andrebbero aumentati invece, i grassi monoinsaturi e polinsaturi che sono quelli contenuti nella frutta secca, semi, olio d’oliva, pesce, olio di semi di lino e olio di pesce). Eccessivo carico glicemico del pasto: l’eccessivo consumo di carboidrati raffinati (pane bianco, pasta non integrale, riso bianco) e di zuccheri semplici porta ad un innalzamento dei valori di glicemia e insulina nel sangue, che è legato a molte patologie tra cui obesità, diabete, iperinsulinemia, sindrome metabolica, ipertensione, malattie cardiovascolari, dislipidemie, sindrome dell’ovaio policistico, tumori e malattie neurodegenerative come Alzheimer e altri tipi di demenza senile (negli USA i medici classificano spesso l’Alzheimer come il “diabete di tipo 3”, a significare il forte legame che esiste tra squilibri glicemici e danno del cervello). Il problema non è solo l’assunzione consapevole di zucchero ma anche quella che avviene all’insaputa del consumatore. Lo zucchero è infatti aggiunto in moltissimi prodotti confezionati tra cui bibite, merendine, condimenti pronti e anche nel salmone affumicato, nei salumi o in cibi salati insospettabili come le fette biscottate, il pane, i piatti pronti e quelli delle mense e ristoranti. Per ovviare a questo problema bisogna eliminare zucchero, dolcificanti, dolci dalla quotidianità e assumerli solo in maniera saltuaria; ridurre i carboidrati raffinati (pasta, riso, pane bianchi) e assumere solo le versioni integrali in dosi moderate; ridurre il consumo di alcol. La correzione di questi difetti alimentari, che non presuppone né scelte drastiche né sconvolgimenti totali delle proprie abitudini, ma piuttosto dei semplici adattamenti, avrebbe un enorme effetto preventivo nei confronti di molte patologie tra cui anche i tumori che, nel 30% dei casi hanno una qualche relazione con ciò che mangiamo. In conclusione, tra sapere e mettere in pratica quotidianamente delle nozioni, purtroppo ce ne corre. Proprio per cercare di farle diventare pratica quotidiana è utile ripeterle il più spesso possibile. [di Gianpaolo Usai] da Lindipendente on line
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