Andreina, 50 anni, lavoratrice instancabile, mai un giorno a casa, la colonna ed il riferimento della famiglia, lei assiste tutti e tutti fanno riferimento a lei, nel lavoro , in famiglia.
Una diagnosi che è una scudisciata e si ritrova nei cicli di chemioterapia. Fragile, finalmente fragile. Bisognosa lei di assitenza, ridisegna la sua vita. Scende dal treno in corsa e comincia a chiedersi dove porta quel treno, in realtà. Si accorge che lasciarsi accudire è una lezione. Che vale quanto accudire. L'Amore del Gesto. Oggi sei al di qua della mano tesa, domani sei al di là. E sei sempre nello stesso luogo: l'Amore. Si accorge che vuole occuparsi di cose, di leggere libri che ad altri non interessano, come prima non interessavano a lei. E che l'appuntamento dall'estetista, i problemi di parcheggio in condominio, le incomprensioni sul lavoro hanno un peso vicino allo zero, ora. Si accorge che vede i miracoli. Il proprietario di casa, uomo con fama di avido, che, da solo, senza alcuna richiesta, decide di condonare loro sei mesi di affitto, vista l'emergenza economica attuale. E mentre suo marito già corre al prossimo problema e poi correrà al prossimo ancora, dando per scontato questo piccolo miracolo, lei si ferma e lo medita con gratitudine. Ora lo sa fare. Si accorge del valore della resa. Quando non c'è veramente nulla che puoi fare, impazzisci e ti disperi. O, a volte, rinsavisci ed accogli. Accogli che un tumore è un compagno di viaggio e non un nemico da uccidere. Che se lo uccidessi, morirebbe anche un pezzo della tua storia. Quella che ti ha portato ad essere chi sei. Imperfetta perfezione. Cosa fa la malattia? E' possibile ad un certo punto che si trasformi in bene-ttia (Drssa E. Poli)? E' un livello di coscienza, di consapevolezza che sarebbe salutare raggiungere senza arrivare lì, al confine. Sarebbe sufficiente essere consapevoli che siamo mortali, che abbiamo un tempo finito, una scadenza al viaggio. E vivere di conseguenza. Non posticipando, non reprimendo, non focalizzando solo la superficie e l'effimero. Quando ammetterò che "stipendio" e "pensione" non è ciò che dovrei chiedere al mio lavoro? Quando dirò a mia moglie che nutro affetto infinito per lei, e gratitudine, e così sarà sempre, ma non posso, nel cuore, più chiamarla Amore? Quando smetterò di distrami in amanti, partite di calcio, complotti e contro-complotti dall'unica domanda che conta: chi sono? La vita non ci vuole necessariamente sani. Non ci vuole necessarimente felici. Ci invita a crescere. Alternando carezze e sportellate. Secondo il nostro bisogno, anche se non sappiamo riconoscerlo.
1 Comment
cris cristal
5/14/2020 11:49:38 am
d'accordo, finito verso l'infinito.
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E' Tempo per...Cose da Dire Archivi
October 2024
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