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Aspettative e dintorni....

3/24/2019

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Volentieri dò spazio ad un paio di questioni che mi ha posto Alberto e lo ringrazio per la fiducia:

​"Poi il distacco di cui si parla lo opero, a volte quando sono arrabbiato comincio a parlarmi, analizzando ciò che è successo dall'esterno come se io non fossi Alberto ma un'altra persona. Sebbene la rabbia si mitighi, non svanisce il nervoso, ma non me ne rendo conto subito, solo quando rientro in me completamente. È necessario urlare e fare quegli esercizi per la rabbia? 
....Ultima cosa. Come faccio a non crearmi aspettative? Io di per me so che non ne dovrei avere e non ne vorrei avere, ma automaticamente mi si formano e mi fanno soffrire, poiché non le voglio riconoscere e quindi non le faccio nemmeno rispettare. Di mio vorrei non ingabbiare nessuno e credo che se creo aspettative poi limito la libertà se gli altri le rispettano. Le mie aspettative sono in realtà tacite(pure a me) pretese. Dato che non le voglio esternare, come faccio a non crearle o quanto meno a farle svanire nel minor tempo possibile?"

Il distacco è una questione delicata. Una questione di distanza.
Quando siamo troppo lontani da chi ci parla, non sentiamo le voci. Se ci avviciniamo troppo, le voci ci assordano. Questo vale per gli altri, ma anche e soprattutto per la nostra "voce interiore".
La distanza giusta è l'empatia. Sentire alla distanza corretta per lasciarsi coinvolgere, senza lasciarsi sconvolgere. Dalle storie degli altri, ma prima di tutto dalla nostra.
Prendere contatto con le proprie emozioni è fondamentale. Riconoscere cosa ci attraversa ad ogni attimo, ci rende consapevoli che non siamo nè i nostri pensieri nè le nostre emozioni. Che ne siamo attraversati, semplicemente. Quando il vento ci investe noi non pensiamo di essere Vento. Ma quando la rabbia ci prende, immediatamente diciamo "sono arrabbiato", invece di "sono attraversato dalla rabbia".

Le aspettative sono la nostra spinta ad agire, ma anche un veleno mortale che ingeriamo a piccole dosi ogni giorno. 
Siamo convinti di avere diritto ad essere amati, riconosciuti, rinforzati, rassicurati. E quando non succede, soffriamo. Ci arrabbiamo o ci depriamo.
Eppure Io sono Io, indipendentemente da ciò che gli altri possano commentare. Io valgo Io per il fatto che sono nato e che mi ha stata concessa terra su cui camminare ed aria da respirare.
Le qualità che possiedo sono donate a me ed al mondo, in maniera unica. Io ed io solo posso metterle a frutto oppure no.
Ci sono fiori sperduti nei deserti o nascosti nei precipizi, di cui nessuno mai godrà i colori o percepirà il profumo. Eppure loro sbocciano comunque. Non hanno bisogno che il venta dica loro "belli" o la pioggia li conforti.
Tutti i miei sentimenti, le mie azioni sono in primo luogo per me. Gli altri poi ne gioveranno oppure decideranno di non giovarsene, in libertà e nel massimo rispetto. Ma io non posso fare a meno di essere me stesso. Indipendentemente dalla ricaduta che ciò ha sugli altri, in libertà e nel massimo rispetto per gli altri.
Se faccio del bene, corro i 100 metri oppure suono la chitarra deve essere in primo luogo per il mio piacere, perchè ciò mi dà gioia. Aspettarsi un ritorno dagli altri, significa mettere la propria serenità in mano di qualcun altro che non sia io. E sappiamo già come andrà a finire: gli altri, esattamente come me, fanno ciò che possono, tra mille angoscie e preoccupazioni. E soprattutto vedono, esattamente come me, ciascuno il proprio film, convinti che sia unico e vero. Mentre di film, ne esistono almeno 7 miliardi, sulla terra.

Tutto questo richiede consapevolezza. La consapevolezza richiede allenamento. Dedicare l'1% della propria giornata, ogni giorno a ciò, fa la differenza. L'1% del proprio tempo quotidiano sono 14 minuti, in cui praticare respiro e silenzio....in cui acquietare la mente perchè stia a sentire il cuore....in cui Alberto possa cominciare a sentire cosa c'è oltre la rumorosa e mai paga mente di Alberto.
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