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Meditazione, la Strada verso casa

12/3/2022

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"Non meditiamo solo per alleviare lo stress e l’ansia provocata dalla nostra notte oscura ma per arrivare alla radice della causa e trasformarla" John Freeman
“Entrare nel momento presente significa distaccarci dalla rete mentale del passato e del futuro che ci irretisce”, il che significa distaccarci dalle distrazioni superficiali che “ci tormentano come una piaga di locuste”, e la paura connessa al ‘lasciar andare’. Ma lasciando “andare i pensieri …  emerge una ‘pace al di là della comprensione’, che era sempre presente.” Siamo entrati attraverso le porte del silenzio nella pace e nella tranquillità.
Siamo rafforzati e rinvigoriti da questo silenzio. Ma ciò che accade prima o poi è che i pensieri più profondi emergono. Entriamo nel secondo livello delle distrazioni. Una volta che riusciamo ad acquietare la mente, giungiamo al livello dei sentimenti e dei  ricordi sepolti, in termini junghiani, l‘’inconscio personale’.
L’ego ha seppellito qui ogni aspetto della nostra personalità, sentimenti e ricordi annessi, che l’ego riteneva avrebbero potuto mettere in pericolo il nostro essere amorevolmente accettati e che sembravano rappresentare una minaccia per la nostra sicurezza e la sopravvivenza nell’infanzia. Per John Main esso era: “il livello più oscuro della consapevolezza delle paure e delle ansie represse ” e Laurence Freeman vede qui l’ego come “vestito con i costumi d’epoca più drammatici delle diverse fasi della nostra storia psicologica.” (Sharing the gift p. 65).
Per il nostro ego, per diventare completo e non creare più un ostacolo sul cammino spirituale, noi dobbiamo scendere nell’inconscio personale e affrontare questi aspetti dimenticati del nostro essere. Come ha detto Jung, abbiamo bisogno di andare verso il basso prima di poter  risalire. Dobbiamo farlo con coraggio, senza giudicare o criticare noi stessi. Anche se Jung definiva questi aspetti dimenticati ‘ombra’, non vuol dire che  essi siano aspetti cattivi che meritano di essere repressi. Nel complesso, questi sono solo gli aspetti della nostra personalità che il nostro ambiente non approvava, ferite inferte al nostro senso di identità. Per le donne può essere l’assertività o l’espressione della rabbia che veniva disapprovata. Per gli uomini può essere il mostrare emozioni,  per esempio piangere, che non era accettato.
Ma come adulti abbiamo bisogno di essere in grado di affermare noi stessi o verbalizzare la giusta rabbia, di essere in contatto con le nostre emozioni ed esprimerle in modo appropriato. So che non è facile accettare ciò che il nostro primo ambiente ci ha insegnato a respingere, ma non abbiate paura: Jung ha detto che l’ombra è per il 90% d’oro. Ciò che è stato respinto sono, nel complesso, aspetti importanti della nostra natura umana.
Ma abbiamo bisogno di affrontare questi aspetti e accettare il loro diritto di essere riconosciuti come parte di noi stessi. Se così non fosse, saranno barriere sul sentiero spirituale e diventeranno anche pulsioni inconsce che stanno dietro il nostro comportamento attuale, solo in attesa dello stimolo giusto per manifestarsi in modi spesso inaspettati ed esagerati.
Spesso proiettiamo questi aspetti sugli altri, in modo da non doverli affrontare  ed accettarli come nostri, causando antipatie irragionevoli, anche odio verso certe persone. A volte sono la causa di una reazione eccessiva. Prendiamo l’esempio di qualcuno che ci disdegna, che ci fa sentire incompresi. Se questo ci ferisce terribilmente, potrebbe anche essere dovuto ad un modello dei nostri primi anni di vita: ignorato, non apprezzato, la nostra opinione mai richiesta o mai accettata. Essendo a conoscenza di questa ferita, potremmo essere in grado di relativizzare l’evento in cui si realizza." Kim Nataraja
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